giovedì 16 febbraio 2023

Aggiornamenti

È molto, molto, molto che non scrivo su questo blog!
L'ultimo post risale ad Agosto!! Accipicchia, credo proprio che lo chiuderò, non riesco più a portarlo avanti e gli impegni e la Vita, hanno preso altre priorità e altre forme di comunicazione, come le mie foto e la mia passione per la Fotografia (Emma Chiolini su Instagram).
Mi ero affezionata al mio primo blog: A Piedi Nudi! e l'ho portato avanti con "dignità" e disciplina, tante emozioni e tante storie, che mi ha fatto piacere raccontare. Era la mia prima esperienza, lunga, missionaria, l'anima stava assaporando tutto per la prima volta e la sfida con me stessa era grande, tutto era l'inizio di qualcosa, dall'entrare in un carcere, alla convivenza con persone di altra cultura, la lingua, le realtà locali, le pastorali sociali, le situazioni di vita dure e taglienti, le prime emozioni e io...io che sentivo il bisogno di raccontarle.
A Piedi Nudi ha rappresentato tutto questo e, ancora, circola in rete.

Le scarpe, é vero, non le ho più rimesse e sono partita di nuova, facendo altri tre anni di missione, quota 6 in totale: 2013-2016 Minas Gerais, 2019-2022 Bahia.
Questi ultimi anni sono stati caratterizzati da molti cambiamenti, da una pandemia che ha modificato le situazioni, le scelte, i piani, portando nuove sfide e forse, altri, sogni.
E proprio da questi sto ripartendo, con una me, più grande, che sta invecchiando! 
Ma nonostante il tempo passi e con lui molte cose, rimango fedele a me stessa, ossia, non ho più rimesso le scarpe, non sono più capace di mettermele, ne voglio metterle! 
Mi accontento di un paio di infradito, che mi permettono la "libertà" di avere i piedi liberi e a contatto con la "nuda" terra, senza filtri. 

 Intanto qualche aggiornamento lo posso scrivere 😎...devo scriverlo!

Prima cosa, iniziamo questo nuovo 2023, con un nuovo/vecchio presidente: Lula! Finalmente il ritorno! Finalmente la fine dell'era Bolsonaro. Finalmente un po' di respiro, che si accompagna con una diminuzione della pandemia, l'aumento dei vaccini e il ritorno alla "normalità".
Lula ha assunto il suo quarto mandato il 1 di gennaio, con una cerimonia da pelle d'oca. L'ho seguita alla Comunidade Trindade, in televisione, in diretta da Brasilia, in un giorno, il primo dell'anno, significativo, perché carico di speranze e progetti. È stato come respirare sopra una nuvola, morbida, leggera, piena di ossigeno. È stata una cerimonia bellissima ed emozionante, che mi ha fatto sentire parte di una storia che si sta per scrivere. La fascia presidenziale, non gli é stata passata dal presidente uscente, fuggito in America, ma da alcuni rappresentanti del popolo, di varie categorie, tra i quali un capo indigeno, un portatore di disabilità, un ragazzino delle favelas, una signora catadora de recicláveis (persone che lavorano con il riciclaggio), un metallurgico, un professore, una cuoca, una giovane di colore, che lo ha aiutato ad indossare la fascia presidenziale. Lula eletto dal Popolo, Lula eletto dal suo Popolo! 
Finalmente il Brasile ha il suo Presidente!  
Una persona degna  di portare questo carico e di aiutare questo paese ad uscire da molti problemi, ingigantiti, peggiorati e ancora non risolti. 
Buon Lavoro Presidente, ce ne é bisogno!


Questa la gioia.....poi...
Poi é successo che l'8 gennaio, c'é stato un tentato golpe. 
Non so se vi ricordate l'assedio al Campidoglio degli Stati Uniti, il 6 gennaio 2021, da parte di un gruppo di sostenitori di Trump, che perse le elezioni contro Biden. Ecco, é successa la stesa cosa! 
Un gruppo di fanatici bolsonaristi, non accettando la vittoria di Lula, hanno marciato in Brasilia, invadendo il Planalto, dove stanno i palazzi dei tre poteri, il palazzo Presidenziale, la sede del Congresso e la corte Suprema. Hanno devastato e saccheggiato tutto, rotto vetri, porte, opere d'arte di patrimonio pubblico, tra atti di violenza e selfie sul posto! Una grande vergogna! L'intento era di destabilizzare le istituzioni repubblicane e minacciare la democrazia. 
Questo tentato golpe é stato organizzato o comunque agevolato, ma non entro nel merito dell'argomento, se non per esprimere il mio disappunto, l'orrore e l'errore per certe azioni, per una ala politica antidemocratica e violenta. Una manipolazione ben organizzata.
Tentato golpe, comunque, non riuscito, forse solo un atto intimidatorio e di show pubblico, che fortunatamente, non ha avuto risvolti, se non l'incarcerazione in massa e procedimenti giudiziari, ancora in corso, contro chi fisicamente ha effettuato le violenze. Fisicamente, perché i mandanti sono ben altri, le menti si nascondono sempre, in luoghi ben alti e di spicco.
Ricordo che questo paese ha subito 21 anni di dittatura dal 1964 al 1985, con nostalgici che, ancora, riecheggiano agli orrori del passato.
Il governo Lula ha ripreso in mano la situazione, con profondo rammarico, per i danni subiti, ma pronto ad andare avanti e a cercare giustizia e verità. Si va avanti, sempre, a testa alta e con fede e impegno, cercando di salvare un paese, che é uno tra i più belli del mondo e che non si merita, come ogni paese su questa terra, dolore e ingiustizie. Avanti Lula! Avanti Popolo!

Siamo nel 2023...sono nel 2023, ancora qui in Brasile! Dopo i miei tre anni, entro nel quarto e questa volta ci entro, con la scelta personale di  di continuare. Questo significa che dovrò arrangiarmi da sola economicamente e provvedere alla mia situazione. 
Come ho scritto sopra, non ho più rimesso le scarpe, continuo in infradito! Una sfida bella grande, che mi vede totalmente vivere, nel territorio brasiliano, come una "comune mortale", in cerca di un lavoro e affrontando i problemi della vita quotidiana. Vivo in un bairro, della periferia di Salvador, con il popolo e in mezzo al popolo, con i rischi e pericoli che fanno parte della periferia (favela), consapevole della mia scelta e delle mie possibilità. 
Porto avanti le pastorali sociali che seguo, come quella carceraria e pastorale sociale, nella parrocchia dove vivo, dei padri Comboniani. 
Continuo con gli incontri del CEBI, centro studi biblici, ecumenico, di cui faccio parte, continuo con la Comunidade Trindade (comunità dove ho vissuto, con le persone di strada) a cui sono legata e punto di riferimento, continuo con le iniziative volontarie nella parrocchia (incontri, formazioni, pastorale afro, incontri gruppo GEC, Grupo Espiritualidade Comboniana, iniziative, ect..), centro diurno Levanta te Anda, con moradores de rua, quando posso. 
Il mio cammino missionario continua, solo che ci devo aggiungere un lavoro, se no, come vivo? Ma non mi perdo d'animo, a volte si, ma rimango a galla, senza affogarmi! 
Andrò avanti per progetti, prestando servizio dove posso e dove ci saranno le possibilità. Ho la fortuna, di continuare con Conexão Vida, ma attraverso il lavoro di traduzioni, che mi chiedono di fare. Conexão Vida é un associazione, che lavora nel sociale e che collabora con l'Italia, il materiale, le relazioni, i rapporti che inviano devono essere tradotti...e qui subentro io, con il mio lavoro di traduzione, pagato.
Poca cosa, ma é qualcosa!

Due parole sulla pastorale carceraria, visto che sono in vena, di scrivere due righe 😬....é sempre una grande emozione. 
Ti rigira come un calzino, ogni volta che entri in carcere. 
Se in Minas Gerais, parlavo ai detenuti dietro ad una grata, qui in Salvador, entro direttamente dentro il patio. Uno spazio a cielo aperto, la famosa ora d'aria, con 80/90 persone in divisa arancione. 
Ogni volta che entriamo, si entra sempre in due o più persone, mai da soli, siamo accompagnati dagli sguardi dei detenuti, che sembrano farti una radiografia oculare! La mia timidezza, inizia a distribuire saluti, allungando la mano a chi incontro, sorridendo e dirigendomi alla ricerca di uno spazio, dove possiamo iniziare a parlare e condividere il nostro incontro. Si parte da un brano del Vangelo, da un episodio di Vita, si chiede come vanno le cose...ect..ect...e l'incontro inizia. Sono scambi colloquiali, che hanno un certo peso, una loro dinamica e ogni volta che finiscono, mi sembra di essermi caricata sulle spalle grossi pesi fatti di parole, confidenze, riflessioni. È una realtà molto dura il carcere.
A Natale abbiamo celebrato la messa, dentro il patio, ho chiesto a padre Boaventura, Comboniano, di condurre la celebrazione, lui non fa parte della pastorale carceraria, ma avevamo bisogno di qualcuno disponibile per farlo e avevo piacere di invitare un padre Comboniano. Si é emozionato, anche lui, perché é forte l'impatto dentro quel patio, difficile descriverlo a parole. Tutto é forte quando entri in carcere, dalle voci che senti nelle celle, dalle attese per entrare, dai controlli, dagli sguardi degli agenti, dalle condizioni del posto, dalle storie condivise...tutto ti rigira come un calzino! Forte, molto forte, ma é la mia pastorale, che non ho mai abbandonato. In Salvador le cose sono molto diverse, rispetto al Minas Gerais, altro Stato, altro Governo, modi diversi di condurre le cose e soprattutto ci sono più guerre tra le gang, nelle carceri. La pastorale carceraria, a livello diocesano, é un po' debole rispetto a Belo Horizonte (Minas Gerais), con molti buchi, ma con una passione, da parte dei suoi volontari, che entusiasma e la tiene in vita. Il lavoro dei volontari é il motore di tutte le pastorali sociali, senza questa base, così fondamentale, senza questo impegno, dedicazione, tempo, passione, fede, ideale, giustizia, amore, niente andrebbe avanti. È il grande esempio della base Latino Americana, che ho imparato, qui, in Brasile, in questi 6 anni e che fa parte della mia scelta di continuare. 

Questo post sta rischiando di essere lungo...é meglio concluderlo così!
Alla prossima, forse, sempre che non decida di chiudere il blog...chissà?
Mi piacerebbe un riscontro di chi legge, se c'é qualcuno che lo legge...forse dovrei tornare a rianimarlo un po'.
In ogni caso grazie a chiunque gli dia un occhiata, grazie a chi decide di essere curioso, grazie a chi ha voglia di lasciare un commento, pochi, pochissimi, grazie a chi vuole tediarsi nelle mie parole e a chi ha piacere di farlo. 
Ma soprattutto Grazie, a chi in questi anni, ha condiviso con me, le mie storie, le mie riflessioni, il mio percorso, a chi ha voluto accompagnarmi, togliendosi le scarpe, senza paura della sua "nudità"....semplicemente a Piedi Nudi!

Capoeira, strade di Salvador


Trindade do mar



Bairro de Salvador


                          Bambini di Salvador, Bahia

Salvador, Bahia


Natale 2022 con la Comunidade Trindade


Comunidade Trindade

Trindade do Mar


Foto Emma Maribel Chiolini

Grazie 😀






























martedì 23 agosto 2022

Mio padre

 "Mio padre era un moradores de rua.
Ero la sua unica figlia avuta dalla relazione con mia madre, perché ha avuto altri figli, con altre donne, così come mia madre, con altri uomini.
Viveva per strada ed era viziato in alcool e droga.
Lo andavo a trovare nella piazza dove di solito dormiva, mi sedevo per terra accanto a lui e gli parlavo di me, della mia vita e di quello che mi succedeva.
A volte appoggiavo la testa sopra le sue gambe e ritornavo bambina.
Volevo che sapesse che gli volevo bene e che non lo giudicavo.
Aveva preso l'HIV e non si curava per niente.
Ero riuscita a farlo venire a vivere da me, per qualche tempo, assieme ai miei figli e al mio compagno.
Era davvero un altro uomo, lavato, curato, ben vestito, ma questo non é stato sufficiente per lui.
Tornava per strada ubbidendo al forte richiamo della libertà, dei vizi e dei suoi demoni.
Allora tornavo a visitarlo e a continuare a sedermi accanto a lui.
Ogni volta che mi vedeva mi presentava a tutti con molto orgoglio e a gran voce diceva: "Questa é mia figlia!".
Quando stavo con lui, nessuna delle altre persone usava droga, era come se rispettassero quel momento importante, tra padre e figlia, proteggendolo come se fosse sacro.
A volte portavo anche mio figlio più piccolo, che si metteva a giocare con qualche bimbo, che viveva per strada con la mamma.
Quando la malattia di mio padre si aggravò, fu costretto a ricoverarsi in ospedale.
Allora il mio itinerario mudò, dalla strada ad un letto di ospedale, ma sempre cercando di stargli accanto.
Durante il periodo di ferie ho viaggiato con la mia famiglia, assentandomi alcuni giorni, prendendo una pausa da quegli incontri. Solo che quando sono tornata il letto che occupava mio padre era vuoto.
Papa era morto durante la mia assenza.
Fu un duro colpo, lasciandomi un senso di colpa, che ancora adesso mi porto dentro.
Ciò che mi da un po' di serenità, forse, é che so di essere riuscita a fargli capire che gli volevo bene veramente, nonostante tutto.
Molti quando vedono persone che vivono per strada, le evitano come se avessero la peste, le evitano per l’odore forte e acre che emanano, le evitano perché sporche, perché instabili, perché perse nel loro vizio, ma dimenticano che sono persone, ognuna con una storia che carica nel petto.
Io non ho mai dimenticato, che quell’uomo che dormiva su di un marciapiede, era mio padre”.

Questa che ho voluto raccontare è la storia di Elenice. 
Un pomeriggio, le stavo raccontando la mia esperienza alla Comunidade Trindade, dove ho vissuto un tempo, assieme a moradores de rua, dormendo per terra con il mio cartone, dentro una Chiesa che era diventata casa. I miei ricordi si sono intrecciati ai suoi, per lasciare spazio al suo racconto, che ho trovato di una grande bellezza e umanità. I gesti di Elenice, il suo atteggiamento verso il padre, mi hanno segnato il cuore e mi hanno fatto vedere un’anima libera da pregiudizi e vergogne. Quell’invisibile, che spesso la società tende ad escludere o “eliminare”, nella storia di Elenice, ha acquistato visibilità, cuore, carne, proprio perché, come lei stessa ha detto, dietro ad ogni persona c’è una storia, un mondo, che deve essere rispettato e ascoltato, prima ancora di essere giudicato.
Tutte le volte che il martedì pomeriggio vado al progetto Levanta te e Anda (centro diurno con moradores de rua) ho il piacere di ricevere un pezzettino di storia da parte di chi, nelle chiacchere, mi permette di conoscere il suo mondo. Credo che uno tra i regali più belli che una persona possa farti, è donarti il suo vissuto, la sua intimità, le sue emozioni. Sono cosi preziose e speciali, che profumano di Vita e di quell’immenso significato che essa racchiude. L´orecchio accoglie parole cariche di vissuti e stati d’animo, di episodi e immagini, di sentimenti ed emozioni e le deposita nel cuore e nella mente, per custodirle nella memoria. Molte volta mi sono imbattuta in nostalgie, da parte di chi ricordava la famiglia, un figlio, una madre, un amore, con un gran desiderio di riabbracciarlo di nuovo. Perché è vero che la strada ti imbruttisce, ma il cuore continua ad essere fatto di carne e soffre, perché umano. E questa umanità, non dobbiamo dimenticarla. Ricordo quando V. é andato a trovare la sua famiglia, dopo 8 anni che non la vedeva. V. aveva vissuto per strada, usando crack, rubando, rischiando la vita nei litigi, con altri moradores de rua. Ma non aveva abbandonato l'amore che nutriva per loro. Era rimasto dentro, sepolto tra i pensieri, gli sbagli, l'orgoglio, le false illusioni, ma c´era, c'era sempre. Quando, finalmente, V. ha recuperato se stesso, ha rispolverato quel tesoro, tenuto lontano in quegli 8 anni. Una grande emozione.  
 Sono grata a tutti quegli incontri che aprono possibilità di riflessione e condivisione e che mi “nutrono” nel mio cammino.

Ascoltando Elenice parlare, mi sono ricordato del mio papà, morto improvvisamente in Marzo e a quel senso di colpa, per non essere riuscita a salutarlo. Anche papà aveva i suoi vizi e amava quella libertà, che metteva al primo posto, facendolo rimanere fedele a se stesso, incurante delle conseguenze.
Anche io, in età adulta ho cercato di conoscere la storia di mio padre, mettendo da parte le critiche e i giudizi, per sapere il perché di determinate scelte e comportamenti. Così, conoscendola, ho imparato ad amarlo e a volergli bene, nonostante tutto.
Si entra in punta di piedi nella Vita degli Altri e con gentilezza, perché bisogna avere la capacità di saper ascoltare e “guardare” quello che esiste al di là delle apparenze, saper rispettare le scelte che non accettiamo, non capiamo e che per altri, invece, hanno un significato e un loro perché.
Il rispetto e l’amore nasce dal gesto concreto di Elenice, che ha saputo sedersi per terra, accanto a suo padre e parlare con lui.

“E bastava un’inutile carezza a capovolgere il mondo.”
(Alda Merini)

La povertà è sempre stato uno dei problemi strutturali in questo paese. Con la pandemia la situazione si è aggravata, ingrossando la fila dei poveri e di persone che vivono per la strada. La conseguente crisi economica è l’aumento dell’inflazione, con un aumento dei prezzi, in particolare dei generi alimentari, ha creato nuove povertà e situazione di miseria estrema, spingendo verso il basso chi già si trovava in un fragile equilibrio.

In Salvador, stato di Bahia, ci sono circa 22 mila persone che vivono per strada, la maggior parte uomini, tra i 25 e 44 anni. La maggior parte non ha documenti, perché persi. Questo è un grosso problema perché senza documenti non si può accedere ai posti di salute, ad entrare nelle file per dormire dentro un dormitorio e altre questioni importanti. Le donne sono quelle che soffrono di più, perché abusate sessualmente, aggredite e più marginalizzate rispetto agli uomini.

Ad Ottobre in Brasile ci saranno le elezioni presidenziali, è iniziata la campagna elettorale. Spero che questo paese si possa dare una nuova possibilità, lo spero proprio, perché in questi ultimi anni, con un mal governo, è tornato indietro, molto indietro, dopo un periodo, passato, di grande crescita sociale ed economica.
Non posso dire per chi faccio il tifo, mi sono promessa di non essere troppo esplicita, nei miei scritti, per rispettare ogni opinione. Di sicuro aspetto che avvenga "quel cambiamento" che permetta di saper rispettare e mantenere la democrazia, che permetta di creare politiche pubbliche a servizio della gente e delle classi più povere, che assicuri il mantenimento e la tutela dell'ambiente, rispettando la biodiversità e la ricchezza verde che questo paese ha in dono....che sappia amare il suo popolo e che metta al primo posto il bene comune e non il bene egoistico, per se stesso e di pochi "eletti".
Ce la faremo?

Foto scattata ad un incontro del CEBI (centro studi biblici) in Salvador


Dopo una pausa, trascorsa in Italia, che ho amato molto, erano tre anni che mancavo, sono ritornata in terra Bahiana.
Continuo ad essere fedele a me stessa, ossia di uscire sempre dalla propria "comfort zone", sia geografica, sia psicologica, sia culturale.
La Comunidade Trindade mi ha insegnato ad essere una "pellegrina errante", in cammino. In questo cammino, accetto le sfide che mi ritroverò davanti, non certo facili, ma anche le novità che queste porteranno. Non ho mai scelto una vita comoda, a volte ne sento la necessità, ma poi, mi rendo conto che non farebbe parte di me e preferisco essere fedele a me stessa e questo, forse, me lo ha insegnato mio padre. 
Inizia un nuovo cammino, portando avanti le cose che stavo facendo e aggiungendo nuovi scalini, ma sempre camminando a "piedi nudi!"
















giovedì 12 maggio 2022

Questione di feelings

 Ho iniziato a partecipare agli incontri mensili del Cebi, di Salvador.
Io conoscevo il Cebi del Minas Gerais, in Belo Horizonte e ne ero rimasta colpita per il suo metodo e la grande passione, in particolare nelle piccole comunità, nella lettura e condivisione della Bibbia. Così, ho continuato a cercare, sempre, anche quando ero in Italia, quella metodologia che faceva della Bibbia, non uno strumento per pochi eletti o qualcosa di "intoccabile", ma al contrario, un libro di condivisione che partisse dalla Vita e da ciò che la circonda: persone, fatti, storie, azioni, realtà, senza discriminazioni e esclusioni. 
Carlos Mesters, che ho avuto l'onore di conoscere, proprio in Minas Gerais, é uno dei fondatori del Cebi, che significa centro di studi biblici e il metodo da lui creato é una lettura della Bibbia che parte dalla realtà delle persone, dalla realtà sociale e comunitaria. 
Questo metodo é nato negli anni sessanta, quando Mesters si trovava in un piccolo villaggio povero, nell' interior brasiliano. 
Mesters stava spiegando la legge ebraica che proibisce di non mangiare carne di porco (Lv 11,7: Dt 14,8). Spiegava che la legge era nata nel deserto, dove il forte calore e l'assenza di sale, non aiutava a conservare la carne, che marciva e che il consumo poteva mettere a rischio la vita delle persone. Questa legge difendeva la vita della comunità.
 Ascoltando questa spiegazione, una persona del villaggio, un agricoltore, con mani piene di calli e viso bruciato dal sole, per i tanti anni di lotta e di duro lavoro, si alzó e disse: "Con questa stessa legge, oggi, non si potrebbe sopravvivere nel nostro villaggio e Dio non ci "aiuterebbe" a mangiare, perché nella nostra povera realtà, é l'unica carne che abbiamo per sfamare noi e i nostri figli. Se era una legge che difendeva la Vita, oggi non la difenderebbe per noi!" 
Quell'uomo, senza istruzione e cultura, aveva mostrato a Mesters, uomo di studi e biblista, la realtà dura di una popolo, che lottava per la sopravvivenza e che certo non poteva concordare con leggi che venivano lette e mostrate attraverso le Scritture. Scoprì come Dio si manifestò nelle parole di quell'uomo e di come la Parola si incarna, é vissuta, ed é interpretata a partire dalla situazione concreta della gente. 
Da questa esperienza nacque una lettura dei testi biblici che partivano dalla realtà concreta delle persone e venne chiamata lettura popolare della Bibbia. 
La Bibbia divenne uno strumento formativo dei poveri, una lettura intesa come cammino di liberazione, perché la preoccupazione principale del popolo non era interpretare la Bibbia, ma interpretare la Vita con l'aiuto della Bibbia, in un contesto comunitario volto all'azione e alla trasformazione sociale della comunità. 
Vita e Bibbia sono al centro, in un circolo vizioso, in cui sono in relazione. 
Negli incontri del Cebi si assume una posizione circolare, perché il circolo aiuta a creare un processo di democratizzazione, dove tutti hanno il diritto di parola, dove ci si guarda negli occhi, ci si ascolta senza giudicare, dove tutti si mettono in gioco.
Ho sempre trovato arricchente le condivisioni fatte insieme, trovato forza nelle riflessioni, così come la necessità di azione e impegno per cambiare le cose.
Per come sono fatta io, il mio modo di essere non prevede molta "meditazione", pratica ascetica....non sono fatta per partecipare a tante messe, come vogliono la maggior parte dei parrocchiani, in particolare, nel bairro dove mi trovo. 
Mi identifico di più in azione, che mi porta ad uscire fuori dalle "cattedrali" per incontrare il Vangelo nelle strade, attraverso la condivisione. 
La pastorale carceraria, la pastorale sociale, le persone di strada, sono preghiere quotidiane, per me, che fanno cammino nella ricerca di Dio e nel suo significato. 
Ho sempre avuto bisogno di conoscere le cose entrandoci dentro, toccandole concretamente, nel bene come nel male, così anche nel mio percorso di fede.
Non possono credere in un Dio della Vita, se io stessa non difendo questa Vita, se non mi sporco le mani, se non lotto affinché ci sia giustizia, uguaglianza, dignità per tutti e per questa nostra Terra.
La mia vita missionaria, come laica, é stata una scelta che mi ha permesso di uscire dalla zona di comfort, per mettermi in azione, in cammino, per conoscere parti di mondo, realtà, non più lette in un giornale, ma attraverso la vita concreta, fatta di storie, persone, percorsi, situazioni, che non vivi più dall'altra parte della barricata. Le barriere creano distanze e la missione, al contrario, ti porta ad eliminarle, vivendo a 360 gradi, realtà che vengono messe ai margini.
E per starci in queste realtà, così come nella vita, devi trovare forza per andare avanti, trovare sostegno e coraggio, trovare senso e passione. 
Il gruppo Cebi é uno di questi sostegni, un appoggio che alimenta la mia camminata spirituale.
Nel gruppo ci si fa forza, ci si incoraggia, si riflette, si condivide, si prega, si lotta insieme, appoggiando cause sociali come la difesa dei popoli indigeni, la difesa della Terra, da parte delle grandi imprese latifondiste, il riconoscimento e il rispetto delle religioni (il Cebi é ecumenico), la difesa della nostra Casa Comune e tutto ciò che é difesa della Vita e per la Vita. 
La Diocesi di Salvador, a differenza del Minas Gerais, é una diocesi più chiusa, conservatrice, non é facile portare avanti percorsi fuori dagli schemi
Quest'anno, poi, in Brasile ci saranno le elezioni presidenziali, che spero possano cambiare e dare una svolta in questo paese, che sembra stia peggiorando, sempre più. 
C'é bisogno di creare coscienze critiche che aiutino a pensare, che aiutino a creare cambiamenti, che possano aprire gli occhi e dire basta! Basta a tutta questa sofferenza creata dalla violenza, dalle disuguaglianze, dalla povertà, dall'ingiustizia, dal razzismo, dal menefreghismo, dalla corruzione, e tanto, tanto altro.
Anche dentro le parrocchie, anche dentro e fuori le chiese, si possono creare coscienze, che possano aprire gli occhi in questa direzione. C'é bisogno di una Chiesa in "uscita" come dice Papa Francesco, perché se no si vive dentro una Chiesa ammalata e dentro a questa chiesa ci si può "ammalare" altrettanto.
L'Ave Maria e il Padre Nostro non hanno senso, per me, e dico per me, se non lo metto in pratica e questo lo posso fare solo attraverso la condivisione, l'impegno, l'azione e il sporcarmi le mani, il cuore e mettendoci sudore.

"Dio si sporge, perde l'equilibrio, si compromette, si mette dalla nostra parte, però anche noi siamo chiamati a sporgerci."
Carlo Maria Martini


Tra i bambini che hanno iniziato a venire al rinforzo scolastico, nel gruppo del mattino, che seguo, c'é P.L. (metto le iniziali, per una questione di privacy).
P.L. ha 9 anni, vive con sua madre e i suoi fratelli, uno maggiore di 15 anni e uno più piccolo di 5 anni. Non sa ancora leggere e scrivere e tutte le volte che cerco di fargli imparare l’alfabeto, se lo dimentica, mostrando quell’atteggiamento da bulletto, fatto di alzate di spalle e sorrisi.
Ma P.L. ha un grande talento, ed è il disegnare. 
,Sempre prende un foglio e ci disegna qualcosa e lo fa con una tranquillità e dimestichezza, che è un piacere stare ad osservare i suoi movimenti e la delicatezza della matita tra le sue dita. A volte mi chiede consigli sui colori, ma cerco sempre di indirizzarlo a cercare da solo, ciò che più gli piace per affinare un suo gusto estetico. La sua situazione familiare è complicata e non molto tranquilla. Spesso parla di un zio che ha visto ucciso, con un colpo alla testa, per motivi di droga e di un arma nascosta sotto il suo letto, come se fosse un trofeo di cui vantarsi. Anche con i lego, che ogni tanto tiro fuori per giocare, costruisce armi e fucili, mostrandomeli con orgoglio.
Tutta la sua spavalderia e finta sicurezza, nasconde in realtà la difficoltà di crescere in un ambiente malsano, violento e pericoloso, ma questa, infelicemente, è la realtà di molti bambini del bairro. Io mi ci sono affezionato a P.L. e lo difendo sempre, senza nascondere i suoi errori, quando li commette. Gli parlo, cerco di renderlo cosciente su alcune cose e soprattutto gli dico che gli voglio bene, perché è la verità. Se prima veniva ogni tanto al mattino, ora viene tutti i giorni, puntuale e sorridente. Faccio una fatica dannata per cercare di aiutarlo a memorizzare le lettere dell’alfabeto, inventandomi giochi e strategie ludiche, ma già il fatto che sia li, mi fa felice. Problema è che litiga tutti i giorni con R., una bambina della sua stessa età, che di certo non si fa mettere i piedi in testa (qui tutti i bambini nascono con una corazza caratteriale di ferro!). Sono scintille e fuochi d’artificio ogni volta, con la cornice di un linguaggio scurrile e altamente offensivo, da parte di tutte e due. Imprinting familiare!!
Devo sudare sette camice per armonizzare le parti e aiutare la via del dialogo. Questi bambini sono abituati ai litigi, alle parolacce, agli scontri, a cercare di prevalere sull’altro, perché è quello che vivono in casa, è quello che vedono ogni giorno. E’ un grande lavoro da fare con loro, ed è molto faticoso, perché non hanno modelli a cui fare riferimento. Una cosa che faccio, quando litigano, è ascoltare i loro punti di vista, permettere ad ogni parte in causa di raccontare la sua versione. Non ha senso dire: “smettetela di litigare!” perché non funziona. C’è troppa rabbia, paura, nervoso, frustrazione che scatta, ed è giusto che venga fuori, solo bisogna cercare di riconoscerla e controllarla. Dare la parola ai bambini, permette di tirar fuori le loro emozioni, sentimenti, cercando di visualizzarli, capirli. Permette di ascoltare il punto di vista dell’altro (cosa rara) e comprendere ciò che sta passando. 
Si parte dal conflitto per cercare la risoluzione, senza evitarlo. E’ un grande lavoro, sì, perché viviamo in un ambiente dove l’unica soluzione che viene mostrata, è un arma puntata contro e la prepotenza come vittoria. Questi bambini sono “vittime” di una cultura violenta, imparano a difendersi fin da piccoli ai mali che ricevono, portandosi dietro nodi emotivi, che si sciolgono in un abbraccio e ad un semplice:  ''Ti voglio bene!” che manca nel loro vocabolario.





 Continuano gli incontri del martedì pomeriggio nel progetto Levanta Te e Anda, con moradores de rua. Dopo aula di portoghese, di matematica e di storia, parlando della scoperta del Brasile e dei popoli indigeni, sempre tutto accompagnato con dinamiche, attività di gioco e riflessioni condivise, nell’ultimo incontro abbiamo fatto poesia! 
Abbiamo inventato, insieme, partendo dai nostri 5 sensi, una poesia, intitolata: “A vida è um poema”. 
Pensavo non sarebbe interessata come attività, invece, è piaciuta e ognuno, a suo modo, ha contribuito. 
Ognuno di noi è poesia, è capace di vedere le cose belle che ci stanno intorno, anche stando in una strada e soprattutto ognuno di noi ha cose belle dentro, basta solo spolverare tutta quella polvere che non permette di vederle. 
Non siamo abituati a fare questo, per pigrizia, per incapacità, per insicurezza, ma ognuno ha dentro qualcosa di buono, ne sono sicura, basta riconoscerlo e portarlo alla luce. 
Non so perché ci hanno abituati, in questa società, a vedere sempre il male negli altri, a giudicarli, a condannarli, allontanarli, come se fossimo “tutti” nemici. 
Che spreco di tempo e di possibilità che si perde! 
Perché la Vita è una possibilità e se la roviniamo continuando a fare male, a fare il male a togliere, anziché aggiungere, allora continueremo a farci del male tutti e a non imparare e a vedere quanta poesia e bellezza c’è in questo mondo e c’è in ogni ognuno di noi. 
Anche con una persona di strada si fa poesia!

 Prossimo martedì faremo la costruzione di una canzone rap! 😎


Salvador é la città degli assalti per eccellenza! Ogni giorno più di un autobus é preso di assalto. Salgono senza pagare il biglietto e improvvisamente tirano fuori armi, coltelli e minacciano passeggeri e autista. 
Mi sta venendo la sindrome da panico di autobus!
Ogni giorno mi chiedo se sarò fortunata o meno!
Già sono stata assaltata due volte e per due volte mi hanno rubato il cellulare.
Questa situazione é condivisa da tutti cittadini e come ha detto un autista, un giorno: "Si esce la mattina sapendo che si va a lavorare, ma non si ha la certezza se si ritornerà a casa la sera, ogni giorno é un regalo essere vivo."
 Amen!

tipico bairro di Salvador



"Anche da una stazione
imbrattata di fango
si può partire
verso le vie del cielo."
Alda Merini















 

 

 

 

 

 

 

 









sabato 2 aprile 2022

Siamo tornati!

 Siamo tornati! 
Dopo una lunga pausa estiva, conclusasi con la fine del carnevale, la prima settimana di marzo ha ripreso il rinforzo scolastico e le attività educative- ludiche con i bambini del bairro di Pau Miudo, del progetto Conexão Vida.
Hanno riaperto anche le scuole, dopo due anni che erano chiuse. Finalmente!
Solo che bambini di  7 e 8 anni, che hanno ripreso a studiare, si trovano in forte svantaggio, perché entrano nella serie certa, ma con una alfabetizzazione di base che é indietro, molto indietro. Ho bambini di 8 e 9 anni che devono affrontare schede scolastiche di lingua portoghese, matematica, storia, ecc....ma non sanno ancora leggere e scrivere bene, non sanno riconoscere le lettere dell'alfabeto.
Come avevo scritto nei precedenti post, sono bambini che non sono seguiti dalle famiglie, gli stessi genitori hanno problemi nello scrivere o nel leggere.
Sembra quasi che questi due anni di pandemia abbiano divorato un tempo prezioso, creando un buco, che faticosamente deve essere colmato. 
Pezzettino per pezzettino nel rinforzo scolastico, cerchiamo di cucire quello strappo che limita la vita di questi bambini e la loro condizione sociale e familiare, non deve punire e offendere un intelligenza, una creatività che é presente, ma che infelicemente non é valorizzata e aiutata a crescere.
Una cosa, che reputo importante e che mi piace fare, é quella di sviluppare in loro e con loro, il "senso critico", la possibilità di esprimere il proprio punto di vista e di dire cosa pensano di quello che succede nella vita reale e anche, nel leggere un testo di scuola. Non sono abituati, perché la maggior parte delle cose sono studiate a memoria o non studiate, copiate e abbandonate. Così come il dialogo, si parla poco con loro o non li si coinvolge affatto, come se un bambino non avesse diritto ad esprimere quello che pensa o ad avere idee. Le emozioni, i sentimenti, i desideri vengono tenuti nascosti, taciuti nella classica frase: "ta tudo bem...ta tudo certo!"
Perché si é abituati a dire così e perché non si può parlare di sé e dei "demoni" che sono presenti nella vita delle loro famiglie. 
Ci sono storie che parlano di padri assenti o assassinati, di madri umiliate e ferite, di condizioni precarie, di sacrifici, di povertà.
Durante un compito per la scuola, di fronte alla domanda "Quale notizia ti piacerebbe leggere nei giornali", una bambina ha risposto:" che il cibo del centro commerciale fosse gratis!".
Per lei comprare un gelato o un hamburger o un' altra prelibatezza é troppo caro. 
Non ci sono soldi in casa, non ci sono possibilità, ma ci sono sogni e desideri semplici, come quello di mangiarsi un hamburger in un centro commerciale!









Il martedì pomeriggio ho ripreso a fare volontariato nel progetto Levanta te e Anda (Alzati e Cammina).
Sono contenta, perché é come "ritornare a casa". 
Levanta te e Anda, nasce dalla Comunitá Trindade, dove ho vissuto per quasi due anni, prima di occuparmi dei bambini del progetto Conexão Vida.
Sono tutt'ora legata alla Comunitá Trindade, che fa parte del puzzle delle esperienze che compongono il mio cuore.
Levanta te e Anda é un centro diurno per moradores de rua, persone di strada.
Quando ero alla Trindade lo frequentavo, poi la pandemia lo ha costretto a chiudere, per una buona parte di tempo. Adesso, che la situazione Covid é migliorata, ha ripreso a funzionare regolarmente e integralmente.
Il martedì vado con Cristian, un collega pedagogista, che ha deciso di unirsi a me per creare delle attività educative che possono essere utili per le persone accolte, che frequentano il centro e per scrivere la sua tesina di mestrado! (Master)
Insieme proponiamo una dinamiche che mira all'alfabetizzazione di base (molti moradores de rua non sanno leggere, scrivere o hanno difficoltà nel farlo) alla condivisione, all'ascolto, alla partecipazione attiva e democratica. 
In alcune attività io e Cristian seguiamo la metodologia di Paulo Freire, dove attraverso parole generatrici, che prendiamo dai loro racconti, costruiamo insieme a loro, frasi che poi analizziamo. Si parte sempre dalla realtà e dalla situazione in cui si vive, dalle loro esperienze, dalla Vita. Chi ha difficoltà nel leggere e scrivere viene aiutato da noi. La condivisione é un momento importante, perché ognuno é protagonista e esprime il suo pensiero. Chi vive per strada é spesso "invisibile" agli altri, é scartato, rifiutato, allontanato, non ha "valore", nei nostri incontri accade il contrario, desideriamo che sia così, perché per noi ogni persona ha la sua dignità, che va rispettata, accolta e "amata", proprio perché persona.
C'é molta sofferenza nelle storie di vita delle persone che vivono per strada, tanta tristezza, anche. Così come vizi legati all'alcool e alla droga che aggravano e appesantiscono le cicatrici esistenziali, rendendole più fragile, evidenti, palpabili.
Si entra in punta di piedi nelle loro storie, così come si rispettano i momenti di interazione, c'é chi prende la parola spesso, chi é più riservato, chi socializza di più, chi di meno, ognuno ha il suo tempo, un tempo che appartiene alla sua storia.
Sono veramente contenta di riprendere questa attività, di essere là con loro, é da dove sono partita, quando sono arrivata in Salvador.
Mi ricordo del mio cartone arrotolato la mattina e srotolato la sera, quando dormivo alla Comunità Trindade, o povo da rua...il popolo di strada, fa parte della mia camminata, fa parte della mia esperienza in questo Album della Vita.
Sono persone toste le persone di strada, sono persone dure con un cuore di burro o manteiga, come si dice qua. Dietro quel modo di fare burbero e tagliente o spavaldo e libertino, c'é una persona che chiede di essere considerata, amata e rispettata e che in fondo, anche se ama la sua libertà che la strada gli da, desidera solo un tetto dove poter tornare la sera e una "famiglia" che lo accolga e gli voglia bene. 








Per finire e per stare nel titolo di questo post: "Siamo tornati", il mercoledì mattina siamo tornate con il corso di bigiotteria e uncinetto, della pastorale sociale della parrocchia, del bairro dove abito, che é la parrocchia dei padri Comboniani.
Lo scorso anno la pastorale sociale, che segue le famiglie del bairro, più necessitate e in condizioni difficili, ha creato una serie di corsi, rivolti in particolare alle donne di queste famiglie, così che possano imparare un'attività, come cucina, artigianato, bigiotteria, per poi metterle in pratica e diventare autonome, tipo aprire un'attività culinaria, avere un proprio banchetto di artigianato o bigiotteria, per vendere e racimolare qualche soldo.
L'obiettivo, non é solo economico, ma soprattutto un percorso personale di autostima e valorizzazione di sé.
Ho aiutato nella formazione, condividendo idee e sviluppi, negli incontri della pastorale sociale. Il progetto zoppica un po', perché bisogna aiutarlo a farlo decollare meglio, nel senso che per ora non stanno partecipando in molti, ma diamogli tempo e aiutiamolo a crescere.
Io sono una forte sostenitrice delle iniziative per le donne, sia nella creazione di gruppi di artigianato, di benessere psicofisico, di incontri di formazione.
In una società fortemente maschilista, dove il ruolo femminile é servire il marito e appartenere al focolare domestico, di essere oggetto sessuale del piacere maschile, mentre quello donne non é considerato, se non ridicolizzato e denigrato, il protagonismo femminile deve farsi spazio e aprire varchi che permettano una maggiore valorizzazione e visibilità della propria persona.
E quando una donna riesce ad ottenere un lavoro e un'autonomia economica, questa non é retribuita degnamente, perché in quanto donna viene pagata di meno!
Il salario di una donna é inferiore a quello di un uomo, nonostante gli incarichi siano gli stessi. Letteralmente assurdo! Sembra di tornare ai tempi delle suffragette!
Então, il mercoledí mattina aiuto Maria de Jesus, nel corso di bigiotteria, preparo la sala, curo i materiali,  accolgo e annoto la presenza di chi partecipa, faccio due chiacchere durante il corso e....imparo anch'io qualcosa! 






gli orecchini con le perline tutte colorate gli ho fatti io!!


Siamo tornati.....per ricominciare, per non abbandonare, per continuare, per sperare, per avanzare, per trasformare, per "camminare", per sognare, per lottare.....
C'é sempre la tentazione quando qualcosa é difficile, quando non gira come ci si aspetta, quando é "piccola" e "zoppicante", di mollare e rinunciare. Con la solita domanda inquisitoria: "ma ne vale la pena?" "tu cosa ci guadagni?"
Io penso sempre che ne valga la pena quando, anche se timidamente e a piccoli passi, fai qualcosa per qualcuno, fosse anche una persona sola. Tutti vogliono i grandi numeri, le "cattedrali del deserto"  le grandi opere, ma io parto sempre dall'altra parte della barricata, dal basso, dal poco. Parto da quello che incontro, da quello che ho e se ho poco, parto da li. " E' faticoso, é stancante, a volte frustrante, ma é un cammino, fa parte del cammino. Perché per me, la cosa più importante é mettersi in moto, "camminare". Ne vale la pena, perché il cammino si apre camminando e se non si apre, ne troverai un altro. Questo é un po' la mia "natura", il mio essere e quel desiderio di crederci sempre, anche con i piedi feriti e doloranti, da tanto camminare su queste strade della Vita. 
C'é una frase ironica che dice: "se il mondo ti sembra brutto, diventa bello tu"
Ecco da dove partire.

Siamo tornati!!









venerdì 21 gennaio 2022

Jeafamo!

 Qua in Brasile siamo in piena estate, i mesi di gennaio e febbraio sono scanditi dalle ferie, come luglio e agosto da noi. 
Anche io sono ferma, siamo fermi. Tutte le attività riprenderanno dopo carnevale.
Il carnevale rappresenta un po' quel motto italiano che dice: "L' epifania tutte le feste se le porta via!"....qui é il carnevale che si porta via tutte le feste e le ferie. Tutto ricomincia dopo il carnevale! 
Cerco di darmi da fare facendo qualcosa in parrocchia, ma visto che é clima di ferie, c'é poca cosa. Oggi ho aiutato nella consegna delle ceste basiche alle famiglie seguite dalla Pastorale Sociale, impegno del mercoledì mattina. Ci sono molte famiglie che ricevono la cesta basica, la pandemia ha peggiorato la loro situazione, con lavori bloccati, saltuari, persi, in realtà familiari, giá, difficili.  Ci sono, anche, molte persone sole, donne anziane o donne con figli. Molte volte la paternità non é riconosciuta, perché i figli sono frutto di un amore inciampato in una notte particolare e subito abbandonato alle luci dell'alba. Altre paternità, invece, sono invisibili, con un cognome riconosciuto sulla carta, ma inesistente fisicamente. Se penso a quanti bimbi non hanno mai visto il loro papà o lo vedono così raramente, come un fantasma, cha appare e scompare. Si cresce sgomitando in questa vita, tra mancanze, difetti e vuoti. Tanto di cappello a quelle donne che assumono la genitorialità doppia: essere madre e "padre" in una persona sola, con problemi sulle spalle fatti di lavoro o mancanza di lavoro, casa, salute, figli.  
In Salvador in questo periodo, siamo alle prese con un boom di persone contagiate dall'influenza e dalla variante omicron.
Le unità basiche di salute (UPA), del servizio sanitario nazionale, sono piene di gente che fanno la fila per essere assistite o fare il test per il Covid. Il telegiornale mostra persone sedute per terra o sdraiate, doloranti, in attesa di essere prese in carico. Una situazione che sta diventando allarmante, anche per il numero di contagi che sta di nuovo aumentando. Influenza e Covid coabitano nella stessa situazione e spesso scambiate nella diagnosi, visto che i sintomi sono gli stessi. Una psicosi da test sta prendendo il sopravvento, per rivelare il dubbio se é una o l'altra. Tutti vogliono fare il test e si precipitano nelle UPA, solo che stanno diminuendo i materiali per farlo e le autorità locali stanno invitando a recarsi nei posti di salute, solo con sintomi gravi. Il problema é che al minimo raffreddore, tosse o mal di testa, scatta la paranoia Covid, paranoia più che giustificata!!!
Solamente negli ospedali a pagamento, sei ricevuta con tutti i crismi, senza dover aspettare seduta per terra, con un panno tra la testa come cuscino di protezione. Mi é capitato, una volta, di andare in un ospedale particolar, come si dice qui, ossia privato. É stata una emergenza, perché non avevo idea di dove andare e avevo difficoltà nel respirare, con una tachicardia che mi balenava nella testa, come "principio di infarto"!!
Sono stata accolta benissimo e subito messa in osservazione. Le cure e la disponibilità immediata, del componente sanitario, mi avevano subito messa a mio agio e aiutata a riprendere i mie battiti normali. 
Ho un soffio al cuore, con una insufficienza mitrale di grado discreto. 
Ma il mio grande dramma é stato nel momento del pagamento. 
Credo che il mio cuore si sia fermato lì, in quell' istante, di fronte alla cifra ricevuta. Sono scoppiata a piangere, forse anche in un momento tanto delicato per me, perché non avevo i soldi. Mi ero portata dietro qualche soldino, ma non immaginavo, così tanto.
Di fronte alla mia reazione e al mio pianto sincero, il giovane alla reception, mi ha permesso di andare casa e tornare il giorno dopo, per saldare il debito.
 Nonostante questo episodio, posso dire di essere fortunata, perché l'aiuto economico italiano, che ricevo, mi ha permesso di saldare il conto. 
Ma chi non può permettersi questo lusso, non ha alternativa che rimanere seduto per terra, ore e ore, aspettando di essere ricevuto in una struttura pubblica, con pochi mezzi a disposizione e molte volte al collasso. E' una vergogna!
Al contrario, negli istituti privati, hai un buon trattamento, di emergenza, ma ti fanno pagare tutto, addirittura il cotone che usano per fare un iniezione e quando entri le prime domande sono se hai un piano di salute, tipo assicurazione e in che modo effettuerai il pagamento. Sembra un pó lo stile "americano". Orribile!

Hanno iniziato a vaccinare i bambini dai 5 agli 11 anni.
Il Presidente del Brasile ha espresso chiaramente il suo dissenso al riguardo, ma la maggior parte della popolazione non ha accolto questo suo pensiero e con applausi sono stati festeggiati i primi bimbi vaccinati, ben felici di ricevere il vaccino!
Nello stato di Bahia hanno iniziato a richiedere la tesserina delle vaccinazioni per entrare in alcuni locali, ma non tutti seguono la regola, cosi come le feste e agglomerazioni che continuano, anche se non permesse. Fortunatamente non ci sarà il Carnevale per strada, non so se avete idea di com'é il Carnevale in Brasile, in Salvador soprattutto....un delirio unico!!!
Questa scelta, voluta dal governatore dello Stato di Bahia, é stata criticata da tutte quelle persone che con il Carnevale ci lavorano. Quando dico che la pandemia ha messo in ginocchio molte cose, persone comprese, non mi riferisco solo ad un espressione metaforica, ma reale e veritiera. 
Come bravi ricamatori della vita, i brasiliani, cercano di tirare avanti cucendo i vari pezzettini di stoffa, per coprire il buco del vestito...il buco della fame, della disoccupazione, delle precarietà, della povertà, della necessità.
Ci si industria in ogni cosa per cercare di portare a casa qualche soldino. 
Si diventa autisti di Uber, perché si ha una patente, si sale sopra agli autobus vendendo spazzolini, caramelle, maschere contro Covid e altre cose, si monta una baracchina per strada vendendo merende, merendine dolci, salate. 
Si va in giro con un carrello con termos di caffè o mingau o sopa o con uno scatolone pieno di picolé (gelato) e acqua.
Ci si offre per lavare e pulire auto, si diventa venditori ambulanti di tutto, tentando di accumulare a fine giornata quelle monetine "sante e benedette".
Ma una cosa sta alla base di tutto e che fa parte di quel filo che aiuta a cucire i vari pezzi, ossia: il buon umore!!! I bahiani, in particolare, hanno sempre voglia di far festa, non rinunciano all'allegria e al far balotta!
Covid o non Covid, é nel DNA bahiano!!
Se da una parte questo porta ad una certa irresponsabilità e "leggerezza", dall'altra aiuta a vivere in un clima di speranza e ottimismo, di sorrisi e di jeafamo!! 
E' un gusto di vivere la vita e camminarci dentro, con quella fede in un Dio presente in ogni cosa e in una felicità che é fatta nell'adesso, nel viverla nel presente, non nel domani, perché domani può non esserci. 

Fa un gran caldo in questa estate bahiana, le temperature ti portano a trasformarti in una doccia di sudore che cammina, già alle 8 del mattino il sole é ben caldo. Prima che arrivasse l'estate, in prossimità del passaggio del solstizio, abbiamo passato un periodo di grandi piogge, che hanno provocato allagamenti e distruzioni. Molte città dell'interior di Bahia, sono state completamente allagate e danneggiate, con fiumi di acqua e fango, che hanno inondato case, strade, centri cittadini, campi. Molte persone hanno perso le poche cose che avevano, che per loro erano tutto, il loro mondo. Una ferita sociale che ha messo in atto una campagna di solidarietà, con l'invio di cibo, acqua e beni necessari per quelle famiglie colpite dagli allagamenti. Alcuni imprenditori brasiliani hanno messo a disposizione attraverso donazioni, beni di prima necessità, come alimenti e medicine a altro, ma il grande lavoro lo ha fatto la popolazione civile, che in vari punti parrocchiali e attraverso associazioni di persone comuni, hanno raccolto molto e diffuso il senso di solidarietà e dell'aiutarsi a vicenda, perché tra poveri ci si aiuta sempre, sempre. 

Io sono quasi alla fine del mio percorso missionario, sono al mio terzo e ultimo anno. Ho scritto poco in questo blog, non é stato come il primo che era iniziato con: "A piedi nudi!" 
Esiste ancora in internet, si trova se qualcuno lo cerca. 
L'ho amato quel blog e l'ho curato meglio di questo mio seguito.
Ma questa mia seconda esperienza é stata particolare, con una pandemia che ha bloccato o decelerato il mondo intero, cambiando alcune situazioni.
Così come il mio servizio, iniziato vivendo alla Comunidade Trindade, a cui sono legata e che frequento tutt'ora, per poi spostarmi a vivere in un bairro di periferia e aiutando nel progetto Conexão Vida, con bambini e adolescenti in situazioni di vulnerabilità. 
In questi tre anni ci sono stati vari passaggi, che mi hanno visto cambiare situazioni e "compagni di viaggio" , dalla Comunidade Trindade, al vivere per un periodo da sola, dentro la creche, aspettando il ritorno di chi già ci abitava e che non é mai più tornato, causa pandemia, al condividere, ora una casa, con un'altra persona, in una piccola palazzina, comunitaria, fatta di cemento e mattoni, in un bairro periferico di Salvador. Questi passaggi non sono stati facili, mi sono adattata alle realtà che ho incontrato, cercando sempre le soluzioni migliori e "giuste", senza perdermi in vittimismi o scoraggiamenti, andando avanti e tentando, sempre, di costruire qualcosa, perché sempre qualcosa di buono c'é!
Di me stessa apprezzo la mia resilienza e il mio coraggio, qualità che il mio percorso missionario ha insegnato e ha messo in evidenza. 
Sono in totale 6 anni di missione, suddivisi in due percorsi fatti di tre anni. 
A volte mi sembra di aver "vissuto" tante cose, di aver "camminato" tanto, affrontato tanto, di aver cambiato e modificato tante cose di me, per incastrarmi e adattarmi, di aver vissuto e visto da vicino il "male",  come la meraviglia della Vita e la gioia che nasce dal fare del bene e dal farlo bene....e a volte, invece, mi sento ancora una principiante, una che ha appena iniziato e che ancora deve fare molto, perché ha fato poco, molto poco. 
Ma di una cosa non mi lamento: ho fatto! 
Sono sempre stata coerente con i miei valori, con le mie scelte, con i miei impegni, che mai ho abbandonato, anche in tempo di pandemia. Essere presente ed esserci, dando la mia disponibilità, creatività, la mia persona. 
Vivendo e condividendo con persone di strada, continuando nella pastorale carceraria ed entrando, anche, dentro un presidio in Salvador, dopo averlo vissuto per tre anni in Minas Gerais, di aver dedicato tempo, idee, giochi, scuola con i bambini del bairro di Pau Miudo, dentro una vera e propria favela, dove "lavoro", di iniziando e dando una mano nella Pastorale Sociale, della parrocchia nel bairro dove vivo, parrocchia dei padri Comboniani.... e altre cose, come il gruppo di Zumba e il gruppo di artigianato per le donne....e altre che ancora stanno iniziando!
Ho fatto e sto facendo e voglio continuare a fare.
Fedele alla linea, come diceva una canzone dei CCCP, fedele a me stessa.


Ho scoperto una mia passione, che sto cercando di sviluppare e conoscere, che é la fotografia. Una forma di linguaggio ed espressione che mi permette di esprimere la mia quotidianità, le mie emozioni, di suscitare emozioni e di raccontare.
Chi vuole puoi seguirmi in Instagram, dove metto tutte le mie foto, basta cercare Emma Chiolini.
Qualcosa pubblico anche su Fb.

Trindade do Mar, Mar Grande, Bahia


Per ultimo, ma non ultimo, vorrei ringraziare una cara persona che ci ha lasciati, un amico del centro missionario di Bologna.
Maurizio Ioli, una persona che ho voluto bene e che ho sempre sentito in simpatia nell'immediato. Una persona buona, gentile, rispettosa, che amava la missione e che aveva la missione nel cuore. 
Quando si vive lontani da casa e si vieni trafitti da notizie di perdite di persone care, non si può fare altro che custodire i ricordi, che abbiamo di loro e dei momenti passati con loro, che rimangono come fotografie impresse nella mente e che ci rimandano ad una memoria, che sempre sarà custodita, come un piccolo tesoro. 
Grazie Maurizio! Mi mancherai e mancherai a tutti noi del centro missionario.