mercoledì 11 dicembre 2019

A domani, se Deus Quiser!

"Allora buona notte, a domani."
"A domani, se Deus quiser..."
E in quel Deus quiser, ci siamo guardate negli occhi, in silenzio, con un misto di tenerezza e tristezza... Perché chi è malato di AIDS, non sa se domani mattina si sveglierà o se morirà durante la notte.. O quante notti ancora gli restano per vedere l'alba.
In quegli occhi mi sono commossa e ho sentito tutta la fragilità della vita.
Josinete che dorme dietro di me, ogni notte tossisce e vomita, ogni notte la sento, sento gli odori, i rigurgiti, il suo malessere.Questa sera ho pulito il suo vomito nel pavimento, perché qualcuno gli ha tolto la bacinella che usa per vomitare. Vivere con chi é escluso è anche questo: essere accanto. Nel bene come nel male. Non ho aspettato che pulisse lei, ho pulito io, punto e basta. Ho preso uno straccio, mi sono inchinata e ho fatto. Senza frescura e preoccupazione...
Non so quanti chili pesa Josinete, forse 30... Ha un carattere difficile e grosso, lei così minuta e fragile. Un giorno l'ho ripresa perché stava rubando cibo nel frigo e  nel suo modo di strada mi ha mandato a cagare... Ma l'altra sera, dandoci la buona notte in bagno, io lavandomi i denti e lei seduta nel water, come se ci conoscessimo da sempre, i nostri sguardi si sono incontrati e il valore della vita ha vinto su tutto. Mi sono commossa in quel "a domani"... Ci siamo commosse...sapendo che forse un domani non ci sarà o sarà breve.

Trindade de Vida eu confio em te


martedì 26 novembre 2019

Chikungunya!

Si incomincia con dolori alla schiena, poi alle gambe, poi in tutto il corpo...poi si ha freddo, poi caldo...poi la febbre alta.
E' così che sono iniziati i sintomi che mi hanno avvolta giovedì sera, mettendomi k.o!
Ebbene sì! Eccomi alle prese con il virus della chikungunya, perché pare che sia chikungunya, visto i sintomi e un focolaio qui in zona! In attesa di fare gli esami del sangue.
Quella simpatica zanzara che trasmette il virus, non ha risparmiato di pizzicarmi, lasciandomi nel sangue un ricordino fatto di dolori, febbre, debolezza e ancora, molti e molti dolori nelle articolazioni.
Ne sto venendo fuori...spero...oggi è il primo giorno che mi sento meglio, ma con una gran debolezza alle gambe e in me. Sono stata a letto per alcuni giorni, con una sensazione di noia e impazienza, guardando fuori un cielo azzurro e solare, mentre nel mio corpo regnava tempesta e nuvoloni grigi, con scariche di lampi e tuoni..i dolori articolari che si facevano sentire!
Ma non sono stata la sola ad ammalarmi, altri della comunità hanno rivelato gli stessi sintomi  e altre tempeste si sono sviluppate nei loro corpi.
I dolori alle articolazioni fanno veramente male. Perfino le dita delle mani!
Non avevo mai provato una cosa simile. Una sensazione di ossa rotte!!
Non devo dimenticarmi che vivo in un paese tropicale e che virus di questo tipo, come anche dengue, zica, febbre gialla e malaria (presente in zone amazzoniche) esistono e che bisogna stare attenti, senza dimenticarsi di usare un buon repellente e prevenzione nei luoghi in cui si vive.
Qui è pieno di zanzare e a volte sono così piccole che percepisci solo il suono, ma nessuna entità visibile agli occhi! Nei soggetti deboli questi tipi di virus creano problemi seri, possono essere causa di morte e complicazioni nel corso del tempo. Quando ho iniziato a stare male mi hanno chiesto di non dormire in chiesa, ma di usare la casina che c'è per emergenza. Ho assaporato di nuovo la bellezza di un materasso che accoglie il corpo, soffice e gentile con le nostre membra.
Questo mi ha permesso di riposare bene e dialogare con pazienza con la malattia.
Ma oggi, oggi che mi sento meglio, sono ritornata in chiesa e al mio vecchio cartone, riprendendo il mio posticino della notte. Non voglio favoreggiamenti o trattamenti esclusivi, per questo la decisione di ritornare a dormire per terra, così come tutte le persone accolte della Comunità....perché io in un letto e loro no? Perché se io mi ammalo posso dormire nella casina e loro no? Sono sempre stata contro le disparità, quindi, via la febbre, via il materasso, per ritornare al mio vecchio cartone e vicino agli Altri.

Sono due giorni che piove a dirotto. Piogge tropicali torrenziali, vere e proprie tempeste di acqua, molto forti. Quando piove così, tutto si ferma. Riunioni cancellate, autobus fermi, strade allegate.

Per strada l'acqua della pioggia si mischia all'acqua delle fogne, non esistono buoni rete fognarie e tutto trasborda, tutto fuoriesce dai tombini e dai tubi. Chi vive in case carenti o problematiche, deve lottare con l'acqua che entra da tutte le parti, dal soffitto, dagli spifferi....anche qua non si scherza!
Chi vive per strada deve cercare soluzioni che possano garantire un posticino che permetta al proprio cartone di rimanere asciutto, ma quando piove così forte, così forte, mi chiedo quale posto può essere adatto? 







domenica 10 novembre 2019

S. Joaquim

Mercoledì pomeriggio, come tutti i mercoledì, si va al mercato di S. Joaquim per la catação, ossia si va chiedere se ci sono verdure che scartano e non usano più, per preparare la famosa zuppa del giovedì sera, quando accogliamo le persone di strada seguite dal progetto Levanta te e Anda. Per la prima volta ho cercato del cibo dentro un sacco di immondizia, con dentro delle verdure scartate, che la proprietaria di un baracchino stava buttando via e mi ha invitato a prendere. 
C'era di tutto dentro quel sacco, non solo verdure! 
Mettere la mano in una mistura di immondizia, cercando di recuperare il possibile, mi ha fatto un certo effetto e ho pensato a tutte quelle persone che lo fanno tutti i giorni, in qualsiasi parte del mondo. Mi ricordo che anche a Bologna, incontravo persone anziane che rovistavano nei bidoni di immondizia vicino ai supermercati. Quando dico che è importante saper rovesciare i ruoli e capire quello che si vive dall'altra parte, quello che non prendiamo in considerazione o che non conosciamo o che giudichiamo frettolosamente o che non vediamo... forse possiamo imparare a capire.
Ora sono io che rovisto negli scarti, che vado a chiedere alle persone se è avanzato qualcosa per preparare la zuppa. Mostro sempre una certa timidezza quando lo faccio, ma imparo una grande lezione di umiltà.
 Da quel sacco sono riuscita a recuperare dei peperoni verdi, ancora buoni.
Se prima alcuni venditori, mi "sorridevano" in faccia chiedendomi se avevo soldi (noi bianchi europei, per alcune mentalità, siamo sempre portatori di soldi...incarniamo euro che camminano), ora, che mi stanno conoscendo, mi apprezzano e mettono da parte qualche cosa per la nostra catação!! 
Sono sempre i piccoli passi che aprono la strada. Se mi fossi arresa, se mi fossi rifiutata di partecipare al nostro abituale appuntamento del mercoledì, se avessi risposto con arroganza a tutte le volte che mi avevano deriso, non avrei costruito nessun cammino e nessun riconoscimento. Quando cerchiamo le verdure valutiamo bene cosa recuperare, cosa prendere e cosa scartare. Per es. I'ultima volta Cosme ha recuperato un sacco pieno di cipolle, solo che il sacco era pieno di cipolle marce e di scarafaggi. Non vi dico l'odore e cosa ne è uscito fuori. Nossa Senhora!!! Io non ho simpatia per questi "simpatici" insetti e tutte le volte che li vedo devo trattenermi da urli o urletti isterici, così come quel giorno che me li son vista  camminare sui piedi, con le loro zampette solleticanti. 
Ma sono stata brava nel mio autocontrollo.
Ebbene, quel sacco di cipolle con i suoi allegri abitanti è rimasto là.
E come dico sempre, non siamo immondizia e a tutto c'è un limite e una dignità.
Una cosa che mi fa imbestialire, in generale, è quando donano cose usate sporche o rotte a chi ne ha bisogno, dimenticando che le donano a persone, la gente non è rifiuto o scarto, anche se si trova in situazione di povertà o di estremo bisogno. Diamo sempre dignità e rispetto a chi doniamo, penso che a nessuno piacerebbe ricevere cose sporche o qualcosa che non presta. Il famoso detto "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" credo che sia un principio sacro santo. Essere dall'altra parte, come dicevo sopra, aiuta a capire, ad aprire gli occhi e a conoscere alcuni significati e ingiustizie della vita e forse ad cambiare le nostre azioni.

La fiera di S. Joaquim è un mercato particolare, stile africano, con molte bancarelle di legno arrangiate in qualche modo e tantissimi prodotti di verdura, frutta, erbe e spezie, bancarelle di artigianato e curiosi oggetti del Candomblè (religione Afro discendente). Ci sono anche bancarelle di carne, non dentro frigoriferi, ma esposta fuori così com'è, carne secca o frattaglie. Ce ne è una in particolare che mi impressiona tantissimo, perché sono esposte zampe di mucca e intestini o qualcosa del genere. Anche gli odori sono molto forti, in particolare delle spezie e di erbe usate nella cucina bahiana. Ci sono dei punti del mercato dove si trovano bocche di fumo, zone di spaccio e uso di droga e può capitare qualche regolamento di conti a cielo aperto. Ebbene sì, il mercato di S. Joaquim è un luogo molto, molto particolare, dove si può trovare di tutto! Ma vale la pena conoscerlo, è uno spaccato di vita con le sue particolarità.
Comunque la zuppa del giovedì sera è sempre un gran successone, non solo perché la fame aiuta ad aprire la pancia, ma perchè la cara Luzia, la prepara con un segreto che è fatto di pazienza, dedizione, cura e responsabilità. Ed è buonissima! Ed è un lavoro di equipe, di chi al mercoledì pomeriggio (come me e gli altri) va al mercato per cercare le verdure, chi il giovedì mattina le pulisce e le lava e chi le cucina (Luzia)...è un lavoro di squadra! è un lavoro di comunità!!

 Venerdì pomeriggio ci sono passata in bicicletta al mercato di S.Joaquim, cercando tra le bancarelle un lucchetto per chiudere il mio armadio (tutti noi utilizziamo dei lucchetti per chiudere gli armadietti in Chiesa) e mentre parlavo con un tizio, mi sono sentita chiamare di spalle. Era un ragazzo, che non ricordavo di vista, che mi ha fermato per dirmi che c'erano delle carote che potevo prendere. Io non ricordavo lui, ma lui si ricordava di me e di tutti i  mercoledì che passiamo per la catação. La gringa  (io) sta iniziando a farsi conoscere e ad essere conosciuta!!Stare in un posto significa soprattutto viverlo, esserci, con le persone, nei luoghi, nelle azioni. Significa entrarci dentro per capirlo, per toccarlo, per respirarlo, per imparare a muoversi e ad entrare in relazione. E' così che sto vivendo in questi mesi...sto vivendo a 360 gradi con tutta me stessa, con i miei occhi per vedere, con le mie gambe per camminare, con le mie orecchie per ascoltare, con la mia testa per capire, con il mio cuore per sentire. E in questo esserci sto trascurando questo blog, perchè sono più indaffarata a vivere che non a scrivere, a parlare con gli altri e ad esserci che non a ritagliarmi del tempo con il PC. Mi sto accorgendo che la mia opzione del tempo è più rivolta a stare con gli Altri, anche nei silenzi, ma continuando ad Esserci e mi sento bene così. In più c'è il fatto che non avendo una stanza, un posto privato dove potermi chiudere tra me e me, tutto diventa difficile. Qui come dicevo prima si sta con gli altri e gli altri sono sempre intorno a te. 

P.S oltre a camminare, sto usando la bici!! Bellissimo conoscere Salvador con le due ruote, amo andare in bicicletta, l'ho sempre usata anche a Bologna. C'è da dire che c'è un traffico pazzesco, molto intenso e spericolato...o forse sono spericolata io che mi avventuro in posti che non conosco, ma usare la bici mi da una sensazione di libertà e indipendenza, che tutto ripaga (traffico, strade, ecc..).
I love Salvador.





mercoledì 2 ottobre 2019

Resurrezioni

"Avevo un compagno di strada con cui dividevo il cibo, mi confidavo con lui, ogni sera cercavamo un posto dove dormire insieme e passare la notte. Una sera mi sono svegliato con la testa rotta, lui aveva preso un sasso e me lo aveva spaccato in testa, non so perché l'abbia fatto, era completamente strafatto di crack. Sono scappato via sanguinante pieno di paura e rabbia, quella persona che consideravo amico aveva cercato di uccidermi. Ora non mi fido più di nessuno."

"Ho vissuto 9 anni per la strada. Sono stato costretto a scappare di casa, mi stavano cercando per farmi fuori. Troppi debiti di droga, troppe cavolate fatte. Un giorno mi sono ritrovato 4 pistole puntate alla testa chiedendo di pagare, sono riuscito a scappare, non potevo tornare a casa perché avevano minacciato anche la mia famiglia. Per anni ho vagabondato da un posto all'altro, usando crack e rubando. Tutti i giorni ero drogato. Un giorno un signore mi ha picchiato così duramente che sono stato in coma per alcuni giorni, non voleva che stessi a dormire vicino al suo negozio. Non so come ho fatto a sopravvivere, mentre ero a terra ho sentito un agente di polizia dire che potevo anche marcire per strada, tanto non valevo niente. Ma ce l'ho fatta, ho resistito e anche se da quel giorno la mia testa non funziona più molto bene, sono vivo."


"Sono andato via di casa a 12 anni, mia madre non mi ha più cercato, credo che non gli importasse molto. Ho vissuto per strada per tanti anni. Rubando, usando crack, vendendo. Non mi importava molto di quello che facevo, ogni giorno era un sopravvivere, punto e basta. Arrivi ad un punto che non ti interessa più sapere se domani ci sarai o meno, non ti interessa più niente, hai solo tanta rabbia, per una vita che sembra ti abbia preso sempre a calci."


Luzia, invece, e questa la racconto io, è stata abusata da quando era piccola. Abbandonata dalla famiglia perché con problemi mentali, è cresciuta per strada, dove molte persone hanno approfittato di lei. Si procurava il cibo cercando nell'immondizia o nelle discariche e spesso se ne stava rannicchiata in qualche cantuccio, nell'attesa forse di una mano amica che potesse alzarla da li e portarla al sicuro, ma per tanto tempo le mani che l'hanno aiutata ad alzarsi non erano quelle di un'amico.


 Brevi testimonianze di chi vive in Comunità, strappate in momenti di dialogo intimo e personale che sono riuscita a ritagliarmi con queste persone. Raramente raccontano, perché come avevo già scritto, non si ha piacere di ricordare. La Comunità è una nuova tappa nelle loro vite, qui si ricomincia a vivere lottando con i propri incubi, che difficilmente spariscono. Si raccolgono i pezzi di una vita frantumata in tanti cocci, cercando di incollare quello che ancora di buono rimane per dare forma ad un disegno interrotto.

 Si impara di nuovo ad avere fiducia negli altri e in se stessi.
Quando vivi per strada è una continua sopravvivenza. Devi capire come procurarti da mangiare, dove trovarlo, procurarti droga e alcool, vivere con l'ansia di chi fidarti e di chi no, ed essere sempre allerta. Si raccoglie qualche soldo raccattando lattine, per poi rivederle.
Chi è viziato fuma crack o maconha ogni giorno, così come beve cachaça (liquore locale ) tutti i giorni, tutto il tempo, fino ad arrivare ad uno stordimento, che non permette di capire più niente e finalmente dormire, dove capita, anche in una piazza pubblica piena di gente, che non vedi e non senti più.
Al mattino ci si lava in una fontana o dove si trova un posto per poterlo fare. Tutte le tue cose sono dentro uno zaino o in una busta di plastica, non hai niente altro. Il tuo letto è un cartone che lasci in giro da qualche parte, che distendi sopra l'asfalto di un viadotto o apertamente su un marciapiede.
Quando arriva giorno o è la polizia che ti sveglia tra un calcio e l'altro o il rumore indifferente dei passanti. Non sei invisibile, perché tutti si accorgono di te, sempre c'è uno sguardo che si posa sulla tua persona, ma sei indifferente, è diverso. Vederti ti vedono tutti, "toccarti" quasi nessuno.
Sei sporco, puzzi, hai una faccia strana, sei strano, sei matto, sei atipico, sei un drogato, sei un alcolizzato, sei una prostituta, sei un vagabondo, sei un senza casa....dimenticandosi che SEI, sei un essere umano.
Ascoltando le storie di queste persone e vedendo il loro percorso e il loro cammino, non posso non pensare alla grazia di chi ha saputo tendere una mano e non avere paura di "toccarle", di chi ha dato fiducia e comprensione. Credo che da li nasca la voglia di qualcosa di diverso, perché c'è chi ha saputo guardarti con occhi diversi, senza giudicarti, ma valorizzando ciò che di bello e di buono c'è in te e quel modo di guardare è un modo che ti insegna a guardarti dentro. Il cammino poi si apre camminando, in una continua lotta con i tuoi demoni, le tue ferite, le tue dipendenze, le tue fragilità. E' una dura lotta, lo vedo ogni giorno con chi ha iniziato i passi verso questo cambiamento.
Ci vuole una gran forza di volontà e fiducia in se stessi, perché come dice la poesia di Ernest Henley (ripresa nel film Invictus)  "Io sono il capitano della mia anima".
Chi non ce la fa scende di nuovo le scale di questa chiesa/casa e ritorna nel viadotto, ritorna per strada, rinunciando ad incollare i pezzi dei cocci della propria vita, si preferisce rimanere rotti, anche questa è una scelta.
Io sto ammirando molto la forza di alcune persone, sono un grande esempio per me.
Sono storie fatte di cadute e rinascite, di morte e resurrezione e le rinascite sono sempre belle, di esempio e forza.
Lunedì sera siamo andati a celebrare la preghiera nella nuova casa di Lea, una piccola casa, vicino alla Comunità. Dopo anni di strada e di alcool, Lea è riuscita a sconfiggere il suo demone e ad avere di nuovo una vita per se e finalmente una casa. Molti hanno ammirato la sua forza, i suoi passi sono, ancora, deboli, ma ben piantati in un cammino che vuole continuare e lotta, lotta ogni giorno, passo dopo passo. In questa lotta non è sola, noi siamo con lei, ma come dice Henley:
"Io sono il capitano della mia anima".
Avanti tutta!









venerdì 13 settembre 2019

Porta aperta

Guardo questa chiesa, le sue finestre, le sue porte.
Sono sempre aperte, ci puoi vedere il cielo, le nuvole che passano, udire i suoni della strada, i rumori, i colori del giorno. Se fossero chiuse non si potrebbe godere di tutto questo, perdendo la possibilità della "scoperta"
E penso che dovremmo essere così anche noi: "aperti".
Invece ci chiudiamo nei nostri egoismi, nelle nostre paure, nei nostri difetti, nei nostri pregiudizi, nei nostri poteri, nelle nostre case, nelle nostre cose, nelle nostre vite, nei nostri raziocini.
La scelta della missione, dell'uscire fuori, è nata anche da questa esigenza, di imparare a saper aprire, aprirsi. Aprirsi agli altri, alle cose, alle novità, ai cambiamenti, alle idee, ai punti di vista, ad un altro modo di vivere, di pensare, di mangiare, di vestire, di pregare, di vedere la vita.
Aprirsi per incontrare, fare spazio e in questo spazio sedersi accanto agli altri e farsi prossimi.
Non è per niente facile, lo so.
È più facile chiudere che aprire, si fa meno fatica, è meno doloroso, è meno ingombrante.
Siamo pieni di così tanti ostacoli e ferite dentro di noi, che più proviamo ad aprire la porta del cuore e della mente, più andiamo alla ricerca di qualcosa che la possa chiudere di nuovo, magari con un collante ben forte.
Eppure se riuscissimo a farlo ci renderemmo conto di quanto ci aiuterebbe ad essere liberi e quanto ci farebbe bene e farebbe del bene. La mia non è una propaganda "hippy", anche se sono rimasta affezionata ad un stile di vita che ha influenzato la mia adolescenza, ma un credere veramente, attraverso l'esperienze che faccio e che ho fatto, che è così.
Perché se quella finestra della chiesa non fosse aperta io non vedrei lo splendore del giorno o ciò che lo arricchisce, così anche noi.
A piccoli passi, dialogando con i nostri limiti e le nostre difficoltà, si può arrivare a fare ciò, fino ad arrivare un giorno a buttare completamente la chiave di qualsiasi serratura .....penso in grande!

Ogni giorno qui è una palestra che mi porta ad allenarmi con tante diversità e in queste diversità io sono la minoranza. Sono la gringa (la straniera) come alcune persone della strada mi chiamano.

Questo mi porta a vivere sulla pelle come si è guardati e giudicati in maniera diversa dall'abituale. Ora sei tu che sei dalla parte opposta. E in un certo senso fa bene, perché capisci come una parte dell'umanità vive nello sentirsi dall'altra parte della barricata o meglio dall'altra parte del paese in cui ha vissuto. Essere stranieri in una terra straniera e in questo "stare" immedesimarsi nelle tante persone che valicano le frontiere.

In questa comunità mi sto sedendo accanto a tante storie diverse, che hanno come comune denominatore la strada e le sofferenze che ci sono dentro. Raccolgo nei dialoghi che vengono fuori tanti pensieri, a volte strani, a volte divertenti, a volte incomprensibili, a volte inquietanti, a volte dubbiosi, a volte commoventi. È un laboratorio di convivenza, dove bisogna saper camminare in punta di piedi, leggeri e delicati e farsi prossimi. Tutte queste diversità ti permettono di vedere con gli occhi degli altri la vita, ma è nell'ascolto che nasce la visione delle cose e l'ascolto fa sempre parte di quella prossimità che nasce dall'aprirsi. Bisogna avere pazienza e assenza di giudizio. Gran lavoro interiore!


Ho imparato ad avere cura del cartone (papelão) che uso per dormire per terra e di come questo mi porta a guardare con attenzione ogni cartone che incontro per strada, perché so che è un letto per qualcuno. E non accetto più che si usi la parola vagabondo, per nominarlo, ma "fratello". Ogni persona  ha un suo cammino e ha il diritto di essere ascoltata e di raccontare la propria storia.

Ho imparato ad avere curiosità nell'ascoltare queste storie, che permettono di ampliare lo sguardo sulla vita. Trovo triste quando si perde la curiosità per le persone, che non è una curiosità morbosa, ma un interessamento che mi porta verso l'altro.

La Comunità ti porta ad una flessibilità mentale e ad accettare cose che prima "giudicavi".

Riesci a convivere con modi grossi, a volte grezzi, poco educati e in ambienti che di primo acchito ti sembrano poco puliti o privi di eleganza, ma che presto ti diventano familiari e comprensibili.
Chi ha vissuto per strada per tanti anni, già da bambino, ha un modo di fare duro e sulla difensiva, ma dietro a quel modo, come mi ha spiegato Altair, che di anni se n'è fatti tanti per la strada, si nasconde un cuore di manteiga (burro). Un cuore ferito, vulnerabile e alla ricerca di tenerezza.
Non ti impressiona più il tono rude della voce o la risata che sembra uscire fuori dal corpo con potenza ed energia (esci da questo corpo....viene in mente come battuta!!!) o tante altre modalità che non appartengono al galateo, ma appartengono ai quei nomi e volti che inizi a conoscere, a voler bene e a capire, soprattutto. 

La vita è una continua scoperta, ma solo se permettiamo di  lasciare aperta quella porta o finestra dove poter guardare tutto ciò che passa e cogliere il bello e capire il brutto.


Ho imparato a fare il pane, ho imparato a levigare il legno per le icone, ho imparato a fare le candele, ho imparato a medicare le ferite e a controllare i valori dell'insulina di chi ha il diabete, ho imparato a preparare i fiori per le celebrazioni, ho imparato a riconoscere i passi delle persone, ognuno con un suo ritmo, ho imparato a dormire per terra, ho imparato a vivere dentro una chiesa e a considerarla casa, vivendo la sacralità delle persone e non degli oggetti, ho imparato ad accettare senza discutere troppo, a volte non è proprio il caso, ma soprattutto sto imparando ad avere nuovi "occhi" e sto imparando a sedermi accanto agli altri.



Cartoline della Comunità Trindade:











domenica 8 settembre 2019

7 Settembre

Ogni anno, il 7 di Settembre, in concomitanza con la festa di indipendenza del Brasile, si celebra la manifestazione del GRIDO DEGLI ESCLUSI, di chi, purtroppo, non ha raggiunto l'indipendenza da fame, povertà, esclusione, pregiudizio, ingiustizia.
Il grido degli esclusi è una manifestazione popolare che conta sull'appoggio del settore della pastorale sociale della conferenza episcopale brasiliana e di movimenti e organizzazioni impegnati nella promozione della giustizia, difesa della vita, uguaglianza, rispetto dei diritti umani.
Oggi più che mai è diventata una giornata di denuncia non solo sociale, ma anche politica, contro un sistema che uccide, persone, cultura, sapere, scienza, previdenza e contro chi questo sistema lo difende e lo ingrassa. Rimango sul generale, senza fare nomi, senza specificare chi andrebbe sottolineato con un evidenziatore fosforescente, che metta in luce l'identità di chi antepone i propri interessi e quelli economici e di chi gli ruota intorno. Non posso fare nomi, mi hanno consigliato che è meglio di no e accetto il consiglio, ma questo non mi porta a non esprimere la mia opinione e a non schierarmi dalla parte di chi è sfruttato, abbandonato e di chi difende la democrazia e i valori di una Costituzione. Posso essere in Italia, posso essere in altri paesi, ma ho sempre ben chiaro da che parte stare, l'ho scelto anche nella mia vita quotidiana.
Le periferie del mondo pullulano di ingiustizie sociali, create da un sistema che ruba i sogni, che crea povertà, che prolifera società elitarie e selettive: sei dentro se sei bianco, ricco e istruito...con una istruzione, forse, comprata.
Il Grido degli Esclusi pone l'accento, anche, verso una forma di comunicazione da parte dei mass media che opacizza la realtà, dando una lettura distorta delle cose o forse non dando nessuna lettura, se non quella delle telenovelas e cronaca rosa.
"Se sei povero è colpa tua...sei nato sfortunato...non hai opzioni se non quella di vivere nella tua baracca...se sei povero hai più percentuali di essere un vagabondo o un buono a nulla..."
Questo passa, un accettare la propria condizione come inevitabile destino di vita, senza avere il diritto di metterla in discussione. Si lascia la popolazione in una condizione di ignoranza non per un caso, perché il sapere può portare a criticità e a fare domande.
Nessuna domanda, taci e accetta quello che sei! Così palesemente e/o sottilmente viene "ordinato".
Ecco allora la necessità di gridare il proprio NO a questo sistema.
La Bibbia ci ricorda che Dio ascolta il grido del suo popolo e il Grido degli Esclusi si ascolta in America Latina come in tutta la terra, è un grido forte che esprime tutto il suo dolore e la sua lotta.
Il 7 settembre per me è una data importante e proprio per questo la mia voce si unisce a quella di tutte le persone che lottano per i propri diritti. Bisogna lanciarlo forte questo Grido, un urlo che possa arrivare fino ad ogni angolo della terra, perché nessuno possa essere escluso.
Condividendo la vita con le persone di strada non posso che toccare con mano una parte di mondo che vive nell'esclusione, toccare le ferite di un umanità sofferente e riconoscerle nella propria carne.
Fa male, ma allo stesso tempo nasce un emozione che porta ad indignarsi e a fare causa comune per creare quei germogli che possano far crescere un cambiamento verso il bene comune, un bene che genera vita e rispetta la vita.
Oggi più che mai non bisogna arrendersi alla stanchezza e al senso di impotenza che dilaga. Si è creata una sorta di indebolimento negli organismi e comunità di base, che sono in prima linea in questa lotta, con molti ostacoli che si sono aggiunti, ma mai perdere quel "fuoco" che tiene accesa la voglia di riscatto e di indignazione, mai. 
Sono tempi difficili, si, ma significativi e importanti, così come è importante esserci in questa storia e camminare a lato di chi quel grido lo urla forte ogni giorno. 





















mercoledì 4 settembre 2019

Ema Maribeu

Sono a quota tre!
Tre ospedali.
Quello di Irmã Dulce, S. Luzia, Alleclinic (non mi ricordo il nome, ma è un centro specializzato per gli occhi).
Ho accompagnato Lea e Costantino per gli ultimi due ospedali.
 Costantino deve fare un operazione alla cataratta, alla bellezza dei suoi 78 anni.
Non sa leggere e scrivere, non ha mai imparato e ha vissuto quasi trenta anni per strada.
E' uno dei primi accolti alla Trinidade e dei più anziani per età.
 Quando chiedono di firmare firmo io al suo posto, lo posso fare.
Metto per intero il mio nome Emma Maribel Chiolini con un calligrafia ben chiara che rimanda ad un suono straniero che accompagna. Ricordo che in Brasile le doppie non esistono, mi chiamano Ema e Chiolini viene letto come Sciolini, perché il CH ha il suono Sc, Maribel è letto come Maribeu, perché la L si pronuncia U, quindi ricapitolando io sarei: Ema Maribeu Sciolini.
"Emma con due M....CHI si pronuncia CHI..." ripeto spesso.
Ma ci sono già passata su questo e non è problema essere Emma o Ema! Sono, punto e basta!
Costantino alle visite si presenta sempre con i suoi pantaloni beige, che non arrivano alle caviglie e quando si siede si vedono i calzini scuri con marca sportiva  non identificata, le scarpe da tennis di qualche numero più grande, la camicia che esce fuori dalla felpa e una felpa che ha le macchie in posizione verticale, una dietro l'altra!
Mentre io, a volte, mi presento in infradito e felpa azzurra, sempre la stessa, un azzurro che ha ormai perso colore, tendente più al bianco che al colore originale. Perché la felpa? Perché l'aria condizionata nei luoghi pubblici in Brasile è micidiale. Sembra di stare dentro un freezer.
Non capisco questo amore incondizionato per una temperatura così fredda, anche quando non ce ne è bisogno, va bene quando viene caldo, anche se non sono un amante dell'aria condizionata, ma questi sbalzi di temperatura così eccessivi sono da tachipirina!!
Comunque, tornando alle mie visite, oggi io e Costantino abbiamo aspettato più di 5 ore per essere ricevuti dal medico che doveva verificare i risultati degli esami per marcare l'operazione alla cataratta. Forse cinque ore per alcuni sono poche, ma essere in fila alle 7 del mattino per poter essere ricevuti, con un desiderio di caffè e sonno arretrato, si insomma....si fa sentire, anche perché me la sono fatta tutta in piedi la fila, adocchiando le poltrone che si liberavano solo per far sedere Costantino. Il servizio pubblico ha file e attese interminabili, ma questo anche in Italia, giusto? Solo che ha un altro sguardo fare la fila qui, perché la mia attenzione è rivolta in particolare alle persone più svantaggiate, a quelle come Costantino che sanno a mala pena leggere, che si presentano in infradito (andare in infradito è delle classi più povere) e che hanno uno sguardo remissivo che sembra collocarli in un grado di inferiorità, perché è così che si sentono ed è così che vengono trattate.
C'è un certo razzismo sociale per le classi più povere, un trattare dall'alto in basso chi è più sfortunato, collocandolo ai margini, perché non idoneo, povero, analfabeta e facendolo sentire tale.
E' molto forte questa disparità ed è culturale. Così come c'è molto razzismo tra Nord e Sud del Brasile. Il Sud molto più avanzato economicamente e con infrastrutture migliori, critica e disprezza il Nord, più povero e arretrato, chi è del nordest viene spesso criticato e deriso: "Sono fannulloni, non valgono a niente", questo si dice. Era così anche in Italia, molto tempo fa, tra settentrione e meridione, adesso i meridionali sono stati sostituiti dagli immigrati, quello che non è stato sostituito è il razzismo e l'ignoranza, sempre più dilagante.
 C'è razzismo per il colore della pelle, per le origini di provenienza, essere indio o afrodiscendente. Il bianco e la classe borghese dominano e sono dominanti, anche se sono solo la minoranza. Si vivono queste disparità ogni giorno, si sentono, si toccano. Sono occhi che guardano con disprezzo, sono commenti che giudicano e feriscono, sono ingiustizie visibili e perpetuate e c'è, purtroppo, chi le accetta come condizione di vita, come "normale", ciò che, invece, è ingiusto e sbagliato. E' una bella lotta quotidiana che ti porta a dire ogni giorno: No, non ci sto!
Tornando a Costantino, siamo riusciti ad agendare l'operazione per il 27 settembre, ore 6.30 del mattino!! Indovinate chi ci andrà con lui? Ci sarà Ema Maribeu Sciolini...io o l'altra parte di me, perché a quell'ora, anzi alle 5.30, bisogna essere presenti un ora prima, hai ancora il sonno appiccicato ai capelli.
Ma sono qui per questo, per esserci e stare con le persone, è il mio servizio, la mia scelta e lo faccio con piacere e sempre con il sorriso nel cuore, veramente.
Emma Maribel Chiolini: presente!

...settimana prossima ho in agenda altre visite mediche, con Haile e Valglenio e soprattutto un altro ospedale e sarò a quota 4!!



Costantino





lunedì 2 settembre 2019

L'importanza di un attaccapanni

Attaccapanni!

Eccolo qua l'attaccapanni!
Con il suo stile vintage e i suoi pezzi di legno che ogni tanto si staccano. E' diventato mio e sono veramente contenta! Mi serviva e quando l'ho ricevuto in dono o meglio in prestito, fino a quando mi occorrerà, sono stata proprio felice. Gioire per così poco? Sì! Perché non sapevo dove poter appendere le mie cose, il mio asciugamano, le mie magliette, anche il mio zaino...tutto era dentro al piccolo armadio che ho in chiesa e ogni volta, aprire e chiudere con il lucchetto era diventato noioso. Quindi un attaccapanni dove poter mettere alcune cose è stata proprio una bella soluzione. Ma quello che mi ha emozionato di più è stata quell'infantile contentezza, nell'averlo ricevuto, come una bimba che riceve un bellissimo regalo che stava aspettando. Gioire nelle e delle piccole cose. Sono partita portandomi poco in valigia, mia scelta personale e in quel poco ritrovo l'essenzialità del vivere, che è la base della quotidianità che sto vivendo e quando ricevo qualcosa in regalo, che serve, beh è una festa! Anche questo fa pensare, c'è chi ha tutto, molto e non è contento e desidera  di più, chi ha poco o quasi nulla ed è felice quando riceve una piccola cosa. Fa parte di quel mondo alla rovescia in cui sto abitando, in cui ho scelto di camminare per un po' di tempo per posizionare il mio sguardo, i miei pensieri, la mia persona in questa direzione. Si sceglie la missione anche per questo, per imparare a farsi "piccoli" e vivere con concretezza questa misura della vita. Le persone con cui abitano vivono da tempo in questa condizione, il non permettersi di comprare e avere, a meno che non sia una donazione. E succede che per alcuni di loro l'armadio o armadietto, perché sono piccoli quelli che abbiamo in chiesa, diventa come quel piatto (che ho raccontato nel post precedente) che trasborda. L'accumulare, anche cose inutili, fa parte di quella dimensione esistenziale di chi non ha avuto niente, fino ad arrivare a vere e proprie forme patologiche e maniacali. E allora trovi di tutto dando una sbirciatina in giro, anche un paio di scarpe che non sono della misura giusta, ma che forse, come mi ripete il proprietario, un giorno serviranno. O la testa di una statuina rotta che si aggiunge ai vari cimeli di un piccolo altare vicino al letto di Haile (accolto).


Altarino di Haile...si vede la testa di S. Giuseppe?















E se per caso dimentichi qualcosa in giro o non sai più dove l'hai messa, ecco che Ivanir (persona accolta) la trova. Osserva tutto minuziosamente e ti rimette a posto le cose anche quando non c'è ne bisogno. Ha un po' la mania dell'ordine. Qui in Comunità di manie ce ne sono molte e bisogna saperci convivere o aiutare a tener sotto controllo, anche la mania di sentire le vocine nella testa, come Marcus che preferisce dormire in poltrona, perché secondo lui ci sono delle persone che vogliono ammazzarlo. Vere e proprie psicosi causate da un consumo di droga nei vari anni vissuti per strada.


Ivanir, sempre sorridente 














Ivanir è meno di un anno che vive in Comunità, ha perso i documenti, così dice, ma lei non sa spiegare più di tanto e fa confusione. Senza documenti non si può fare niente e avrebbe bisogno di fare delle visite mediche importanti. Questi sono alcuni problemi da risolvere e accompagnare. A proposito di accompagnare, l'altro giorno ho accompagnato Costantino, uno dei più anziani della comunità ad una visita oculistica. Ha problemi di cataratta e dovrà essere operato. Ho scaricato l'applicazione di UBER, che non ho mai usato in Italia (quante cose nuove che entrano nella mia vita...tra cui applicazioni!!) e ci siamo andati in macchina. In certe situazioni l'autobus è meglio evitarlo, mentre in altre è obbligatorio, anche perché non ti puoi permettere sempre un UBER!

A me piace andare in autobus, a parte il traffico che non aiuta a rispettare gli orari, ma mi permette di curiosare tra le strade di Salvador e i suoi palazzi e stare in mezzo alla gente. Mi piace molto osservare e sfiorare con gli occhi quello che vedo, fa parte della mia curiosità e poi ci sono dei tratti in cui riesci a vedere il mare e li...mi perdo.

Ad ottobre inizierò la pastorale carceraria, una pastorale che ho chiesto personalmente di seguire e che ha lasciato un impronta profonda e umana, nei miei anni in Minas Gerais e che ho piacere di riprendere qui in Salvador. Seguirò il corso per agente da pastorale carceraria e poi potrò iniziare le visite in carcere aggregandomi a qualche gruppo. Sono molto curiosa di sapere come è la realtà Bahiana, avendo memoria di quella Mineira, saranno sicuramente diverse o forse simili, vediamo, aspetterò ottobre per saperlo.



Henrique Junior






Tra le varie cose da fare in Comunità è seguire Henrique Junior!! E' arrivato dentro la pancia della sua mamma, quando era incinta di sette mesi, è nato praticamente qui. La sua mamma ha problemi psichici e non riesce a seguirlo, lo seguiamo noi della comunità, in realtà noi figure femminile dell'equipe (Vania, Juce ed ora anche io). C'è un gran bel da fare con lui. E' quella maternità non di pancia che te la fa vivere in un'altra forma, ma che ha una matrice comune: la cura.

Preparare la pappa, vestirlo, lavarlo, seguirlo in tutto, fino a quando crescendo non avrà raggiunto le sue autonomie...è veramente come fare la mamma e un po' ti senti mamma!
Junior non dorme in chiesa con noi, lui e la sua mamma, Elisangela, hanno una casina che fa parte del cortile della Comunità. L'abbiamo aiutata a sistemarla e renderla accogliente.
La sera mi occupo io di lavare i denti a Junior e ad accompagnarlo a fare la nanna, a volte ho successo e si addormenta subito, altre volte ho dato vita ad un repertorio di canzoni infantili italiane, che neanche io mi ricordavo di sapere, credo che sia stato l'inconscio a venirmi in soccorso!!
Viva lo zecchino d'oro!


venerdì 30 agosto 2019

Che giorno è oggi ?


"Che giorno è oggi?"
Molte volte mi capita di chiederlo, perché ho perso l'abitudine di guardare il calendario e non avendo televisione e radio, mi perdo nelle azioni quotidiane che seguono un ritmo tutto loro, rivolto più alla cura delle piccole cose, alle persone, che alle date e al tempo.
Le notizie riguardo il mondo le seguo sul cellulare e il PC lo uso solo per scrivere i post del blog...quando riesco!
Mi ricordo che quando ero in Italia, l'agenda era sempre controllata, con la diligenza di scrivere date e appuntamenti ben evidenziati, con sottolineature e disegnini...e commenti a fianco!
Ora non più! Niente più agenda o calendari, ne la voglia di cercarli, se non per cose importanti e necessarie. Anche la fretta o il fare veloce, tipico da stress occidentale, ha lasciato il posto ad un fare lento e decelerato o meglio una "veloce lentezza" come, forse, direbbe Manganelli con i suoi ossimori. Non corro più, perché non ne ho motivo, ne serve, al contrario sto cercando di imparare ad apprezzare le attese, che a volte ci sono e che aiutano a saper guardare i particolari e ciò che li circonda. Saper guardare e saper ascoltare sono due virtù fondamentali che non hanno bisogno di correre, ma di cura e attenzione e nascono dal sapersi fermare e rallentare.
Altro cambiamento in atto è il rovescio delle stagioni.
 Qua siamo in inverno, precisamente nella stagione delle piogge. Piove, piove, piove e forte!
Acquazzoni tropicali che neanche un ombrello riesce a resistere e nonostante tutto, si continuo a camminare in infradito, ed è una gran bella impresa perché devi dribblare vere e proprie correnti d'acqua che escono da fognature non molto appropriate. Non ci sono delle buone reti fognarie nella zona dove abitiamo. Aspetto l'arrivo dell'estate che sarà a dicembre!! Tutto capovolto, ma adoro questo rovesciamento delle cose, che non porta ad assolute verità e coordinate esistenziali.
Chi ha detto che l'inverno esiste solo a dicembre, gennaio, febbraio...qui al contrario sarà piena estate, con un babbo natale anche lui in infradito, come avevo scritto in un mio vecchio post.
Basta solo "spostarsi" e capire che le cose possono essere differenti e belle lo stesso.  
Altro cambio è l'alimentazione. Se un tempo non mangiavo certe pietanze, ora al contrario mangio di tutto. La fame ti muove in direzione costante su ogni cosa, eliminando quelle "frescure" di schizzinosa che ti portavano a fare una lista di: quello si...quello no. Non mi impressiono più sulla quantità di moscerini e formiche che assaltano i cibi scoperti e che rimangono scoperti, fino ad essere messi in padella! Così come i cibi grassi, che hanno iniziato a far parte della mia alimentazione o le quantità di zucchero che ritrovo nel caffè, ma ho scoperto che un caffè senza zucchero, soprattutto al mattino, è per me senza grazia, quindi lo ho adottato temporaneamente!
 La flessibilità mentale dona felicità alla mia convivenza e ai miei cambiamenti.
Ho imparato a fare il pane.
Giovedì mattina la sveglia ha suonato alle cinque, un ora prima del mio solito orario, tutte le mattine mi sveglio alle 6. L'appuntamento era con padre João in cucina per insegnarmi a fare il pane. In comunità facciamo il pane sia per mangiarlo, sia per venderlo a persone che si conoscono e che lo prenotano su ordinazione. Pane integrale con uva passa e pane integrale con cocco.
Non avevo mai fatto il pane in vita mia, non ho una dote culinaria che mi orienta verso la cucina, in realtà non amo molto cucinare, preferisco stare dall'altra parte. Ma si impara tutto nella vita, più o meno e in particolare quando c'è necessità. Padre João dovrà fare un intervento chirurgico che lo vedrò stare fermo per alcuni mesi, quindi a me il compito di fare il pane per la comunità e per venderlo. L'apprendistato è iniziato proprio giovedì! Chi l'avrebbe mai detto...io e il pane...


Padre João



Pane casalingo in cassetta






La Comunità Trindade si sostiene economicamente con i lavori che vengono fatti come: il pane, il lavoro di artigianato, la vendita delle candele, il riciclaggio, il bazar, le entrate da parte di chi lavora. Tutto questo finanzia la cassa comune. Non mancano gli aiuti da parte di persone che conoscono la Comunità e le donazioni alimentari o vestiarie. Ho iniziato a dare una mano, anche, con la costruzione delle icone. Sono molto belle e mi sono occupata di levigare il legno e la parte di disegno che è necessario togliere per far si che rientri nei bordi giusti. Anche l'artigianato è una bella scoperta. Pensavo di riprendere a fare gli acchiappa sogni o filtro dos sonhos, così da fare qualche lavoretto con l'artigianato e magari contribuire anch'io. Chiaro che i lavori realizzati in comunità sono molto più belli e raffinati.

Icone realizzate 
Icone


Matias e i suoi mandala
lavoro di riciclaggio
Juce e il lavoro con le icone

Mosaico




Mosaico
Il mio primo acchiappa sogni realizzato tanto tempo fa..posso migliorare.

Il mercoledì pomeriggio con un piccolo gruppo si va al mercato S. Joaquim per vedere di recuperare le verdure che scartano, operazione catação!!
Si parte con un carretto e si chiede alle varie bancarelle se hanno qualche verdura che buttano o non vendono più. Anche questo non avevo mai fatto e fa parte dei cambiamenti. Prendo il mio sacchettino di iuta e comincio a chiedere da bancarella a bancarella.
Le verdure che riusciamo a racimolare servono per preparare la zuppa, preparata da Luzia,  il giovedì sera, quando accogliamo persone che vivono ancora per strada e che frequentano il progetto Levanta-te e Anda (racconterò più avanti). Il giovedì siamo in parecchi e preparare la cena per tutti a volte non basta, per questo andiamo a chiedere al mercato S. Joaquim, che ricorda, tra l'altro un classico mercato africano dove si trova di tutto, tra cui molte spezie e tipi di frutta. Questa operazione mi ha insegnato a considerare il cibo come qualcosa di molto importante, a valorizzarlo e utilizzarlo anche se non è più "bello". Scarti la parte più brutta, quella con la muffa o non più buona, lo pulisci, lo lavi e lo recuperi, accorgendoti che si può mangiare ancora e pensando che molto volte buttiamo cose che si possono ancora mangiare, sprecandole. Il chiedere gli avanzi alle bancarelle delle verdure mi veste di molta umiltà e mi aiuta a mettermi nei panni di chi questo lo fa tutti i giorni e di come si sente. 
Così come ho imparato a non scandalizzarmi più quando vedo qualcuno degli ospiti riempirsi il piatto fino a trasbordare, come se non avesse mai mangiato prima, perché in realtà è proprio così, la fame l'ha passata per strada. Ci sono molti vuoti che vengono riempiti in quel piatto pieno, vuoti esistenziali e fisici.


Zona del bairro dove abitiamo


Operazione catação al mercato S.Joaquim








Cercando tra le bancarelle





Ho iniziato a prendere gli autobus da sola, a spostarmi in autonomia in questa grande città che è Salvador, con quasi 3 milioni di abitanti, la terza città del Brasile, dopo S. Paulo e Rio de Janeiro. A volte guardando fuori dal finestrino mi sento come una bambina che sta imparando a stare al mondo, tutto nuovo, tutto da scoprire, con una sensazione di ingenuità e stupore. Mi faccio tenerezza da sola. E' sempre stato così, ogni volta che i miei piedi attraversavano strade nuove e con i miei pensieri mi abbraccio e cerco sicurezza.

Filastrocca dei mutamenti:
"Aiuto, sto cambiando!" disse il ghiaccio
"Sto diventando acqua, come faccio?"
Acqua che fugge nel suo gocciolìo!
Ci sono gocce, non ci sono io!"
Ma il sole disse: "Calma i tuoi pensieri
il mondo cambia, sotto i raggi miei
Tu tieniti ben stretto a ciò che eri
e poi lascia andare a ciò che sei".
Quel ghiaccio diventò un fiume d'argento
non ebbe più paura di cambiare
e un giorno disse: "Il sale che io sento mi dice 
che sto diventando mare
e mare sia. Perchè ho capito, adesso
non cambio in qualcos'altro, ma in me stesso"