venerdì 30 agosto 2019

Che giorno è oggi ?


"Che giorno è oggi?"
Molte volte mi capita di chiederlo, perché ho perso l'abitudine di guardare il calendario e non avendo televisione e radio, mi perdo nelle azioni quotidiane che seguono un ritmo tutto loro, rivolto più alla cura delle piccole cose, alle persone, che alle date e al tempo.
Le notizie riguardo il mondo le seguo sul cellulare e il PC lo uso solo per scrivere i post del blog...quando riesco!
Mi ricordo che quando ero in Italia, l'agenda era sempre controllata, con la diligenza di scrivere date e appuntamenti ben evidenziati, con sottolineature e disegnini...e commenti a fianco!
Ora non più! Niente più agenda o calendari, ne la voglia di cercarli, se non per cose importanti e necessarie. Anche la fretta o il fare veloce, tipico da stress occidentale, ha lasciato il posto ad un fare lento e decelerato o meglio una "veloce lentezza" come, forse, direbbe Manganelli con i suoi ossimori. Non corro più, perché non ne ho motivo, ne serve, al contrario sto cercando di imparare ad apprezzare le attese, che a volte ci sono e che aiutano a saper guardare i particolari e ciò che li circonda. Saper guardare e saper ascoltare sono due virtù fondamentali che non hanno bisogno di correre, ma di cura e attenzione e nascono dal sapersi fermare e rallentare.
Altro cambiamento in atto è il rovescio delle stagioni.
 Qua siamo in inverno, precisamente nella stagione delle piogge. Piove, piove, piove e forte!
Acquazzoni tropicali che neanche un ombrello riesce a resistere e nonostante tutto, si continuo a camminare in infradito, ed è una gran bella impresa perché devi dribblare vere e proprie correnti d'acqua che escono da fognature non molto appropriate. Non ci sono delle buone reti fognarie nella zona dove abitiamo. Aspetto l'arrivo dell'estate che sarà a dicembre!! Tutto capovolto, ma adoro questo rovesciamento delle cose, che non porta ad assolute verità e coordinate esistenziali.
Chi ha detto che l'inverno esiste solo a dicembre, gennaio, febbraio...qui al contrario sarà piena estate, con un babbo natale anche lui in infradito, come avevo scritto in un mio vecchio post.
Basta solo "spostarsi" e capire che le cose possono essere differenti e belle lo stesso.  
Altro cambio è l'alimentazione. Se un tempo non mangiavo certe pietanze, ora al contrario mangio di tutto. La fame ti muove in direzione costante su ogni cosa, eliminando quelle "frescure" di schizzinosa che ti portavano a fare una lista di: quello si...quello no. Non mi impressiono più sulla quantità di moscerini e formiche che assaltano i cibi scoperti e che rimangono scoperti, fino ad essere messi in padella! Così come i cibi grassi, che hanno iniziato a far parte della mia alimentazione o le quantità di zucchero che ritrovo nel caffè, ma ho scoperto che un caffè senza zucchero, soprattutto al mattino, è per me senza grazia, quindi lo ho adottato temporaneamente!
 La flessibilità mentale dona felicità alla mia convivenza e ai miei cambiamenti.
Ho imparato a fare il pane.
Giovedì mattina la sveglia ha suonato alle cinque, un ora prima del mio solito orario, tutte le mattine mi sveglio alle 6. L'appuntamento era con padre João in cucina per insegnarmi a fare il pane. In comunità facciamo il pane sia per mangiarlo, sia per venderlo a persone che si conoscono e che lo prenotano su ordinazione. Pane integrale con uva passa e pane integrale con cocco.
Non avevo mai fatto il pane in vita mia, non ho una dote culinaria che mi orienta verso la cucina, in realtà non amo molto cucinare, preferisco stare dall'altra parte. Ma si impara tutto nella vita, più o meno e in particolare quando c'è necessità. Padre João dovrà fare un intervento chirurgico che lo vedrò stare fermo per alcuni mesi, quindi a me il compito di fare il pane per la comunità e per venderlo. L'apprendistato è iniziato proprio giovedì! Chi l'avrebbe mai detto...io e il pane...


Padre João



Pane casalingo in cassetta






La Comunità Trindade si sostiene economicamente con i lavori che vengono fatti come: il pane, il lavoro di artigianato, la vendita delle candele, il riciclaggio, il bazar, le entrate da parte di chi lavora. Tutto questo finanzia la cassa comune. Non mancano gli aiuti da parte di persone che conoscono la Comunità e le donazioni alimentari o vestiarie. Ho iniziato a dare una mano, anche, con la costruzione delle icone. Sono molto belle e mi sono occupata di levigare il legno e la parte di disegno che è necessario togliere per far si che rientri nei bordi giusti. Anche l'artigianato è una bella scoperta. Pensavo di riprendere a fare gli acchiappa sogni o filtro dos sonhos, così da fare qualche lavoretto con l'artigianato e magari contribuire anch'io. Chiaro che i lavori realizzati in comunità sono molto più belli e raffinati.

Icone realizzate 
Icone


Matias e i suoi mandala
lavoro di riciclaggio
Juce e il lavoro con le icone

Mosaico




Mosaico
Il mio primo acchiappa sogni realizzato tanto tempo fa..posso migliorare.

Il mercoledì pomeriggio con un piccolo gruppo si va al mercato S. Joaquim per vedere di recuperare le verdure che scartano, operazione catação!!
Si parte con un carretto e si chiede alle varie bancarelle se hanno qualche verdura che buttano o non vendono più. Anche questo non avevo mai fatto e fa parte dei cambiamenti. Prendo il mio sacchettino di iuta e comincio a chiedere da bancarella a bancarella.
Le verdure che riusciamo a racimolare servono per preparare la zuppa, preparata da Luzia,  il giovedì sera, quando accogliamo persone che vivono ancora per strada e che frequentano il progetto Levanta-te e Anda (racconterò più avanti). Il giovedì siamo in parecchi e preparare la cena per tutti a volte non basta, per questo andiamo a chiedere al mercato S. Joaquim, che ricorda, tra l'altro un classico mercato africano dove si trova di tutto, tra cui molte spezie e tipi di frutta. Questa operazione mi ha insegnato a considerare il cibo come qualcosa di molto importante, a valorizzarlo e utilizzarlo anche se non è più "bello". Scarti la parte più brutta, quella con la muffa o non più buona, lo pulisci, lo lavi e lo recuperi, accorgendoti che si può mangiare ancora e pensando che molto volte buttiamo cose che si possono ancora mangiare, sprecandole. Il chiedere gli avanzi alle bancarelle delle verdure mi veste di molta umiltà e mi aiuta a mettermi nei panni di chi questo lo fa tutti i giorni e di come si sente. 
Così come ho imparato a non scandalizzarmi più quando vedo qualcuno degli ospiti riempirsi il piatto fino a trasbordare, come se non avesse mai mangiato prima, perché in realtà è proprio così, la fame l'ha passata per strada. Ci sono molti vuoti che vengono riempiti in quel piatto pieno, vuoti esistenziali e fisici.


Zona del bairro dove abitiamo


Operazione catação al mercato S.Joaquim








Cercando tra le bancarelle





Ho iniziato a prendere gli autobus da sola, a spostarmi in autonomia in questa grande città che è Salvador, con quasi 3 milioni di abitanti, la terza città del Brasile, dopo S. Paulo e Rio de Janeiro. A volte guardando fuori dal finestrino mi sento come una bambina che sta imparando a stare al mondo, tutto nuovo, tutto da scoprire, con una sensazione di ingenuità e stupore. Mi faccio tenerezza da sola. E' sempre stato così, ogni volta che i miei piedi attraversavano strade nuove e con i miei pensieri mi abbraccio e cerco sicurezza.

Filastrocca dei mutamenti:
"Aiuto, sto cambiando!" disse il ghiaccio
"Sto diventando acqua, come faccio?"
Acqua che fugge nel suo gocciolìo!
Ci sono gocce, non ci sono io!"
Ma il sole disse: "Calma i tuoi pensieri
il mondo cambia, sotto i raggi miei
Tu tieniti ben stretto a ciò che eri
e poi lascia andare a ciò che sei".
Quel ghiaccio diventò un fiume d'argento
non ebbe più paura di cambiare
e un giorno disse: "Il sale che io sento mi dice 
che sto diventando mare
e mare sia. Perchè ho capito, adesso
non cambio in qualcos'altro, ma in me stesso" 










martedì 20 agosto 2019

Comunidade Trindade

Eccomi finalmente a riempire di nuovo le pagine del mio blog, è passato un pò di tempo dal mio ultimo post, ma era necessario che il tempo passasse, che la mia penna e il mio foglio fossero i mie occhi, le mie orecchie, il mio corpo e il mio silenzio per prendere appunti.
Sono a Salvador e sto vivendo nella Comunità Trinità che accoglie moradores de rua (persone di strada). Sono passata di qua per la prima volta nel 2016 e mi ha incantato, perché è un luogo che ti fa sentire a "casa", ti fa sentire accolta, ti fa capire, forse, che cosa è la vita e la forza nel rinascere. Scrivendo questo mi viene in mente la parola Resilienza e il suo straordinario valore nella pratica quotidiana, come capacità di superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, come la Fenice che risorge dalle sue ceneri. Queste due immagini o comparazioni le associo a questa Comunità  perché è un luogo dove, veramente, si può tornare a vivere, risorgere, soprattutto per chi ha vissuto la strada, la violenza, la droga e la dipendenza dall'alcool. La Trindade nasce nel 2000 e si trova in un bairro vicino al porto e ad un viadotto dove si incontrano molti moradores de rua. La Casa è una chiesa non più attiva, abbandonata, incontrata da fratel Henrique, pellegrino francese, che durante le sue peregrinazioni per le strade di Salvador, la scelse come luogo dove posare il capo durante la notte. Quel luogo nel corso del tempo è diventato un luogo dove molti altri, poi, insieme a lui, posarono il capo per dormire e ripararsi dalla strada, diventando un rifugio, un cantino dove condividere le fatiche e un pezzetto di pane. 
Quel pane condiviso e distribuito è diventato comunità e casa per chi non ha una casa, creando, con la concessione della diocesi di Salvador, la Comunidade Trindade. 



Ora anch'io vivo in questa chiesa, con il mio cartone che si trasforma in un letto, che disciplinatamente apro la sera e riavvolgo al mattino, cercando un cantino dove posare il capo e dormire. In realtà ho già battezzato un pezzo di pavimento, che è diventata la mia stanza, perché è sempre lì che metto il mio cartone. Posso dire che come letto è molto pratico, apro e chiudo, senza doverlo rifare ogni volta. Fantastico!


il mio letto versione giorno
                                                                                     
il mio letto versione notte


                                                             





Attualmente la Comunità accoglie 35 persone, la maggior parte sono uomini. Per loro la comunità non è qualcosa di definitivo, ma un passaggio che permette di ricostruire la propria vita, dopo anni vissuti in condizioni di precarietà, brutalità, dipendenze da droga e alcool. Quando si vive per strada ci si abbassa ad un punto tale da non riconoscersi più, vivi di violenza ed espedienti per recuperare qualche soldo per poter mangiare e continuare le tue dipendenze chimiche e alcoliche, che portano ad abbruttirti sempre più. A volte chiedo "sussurrando a bassa voce" alle persone che vivono qui, di raccontarmi qualcosa del loro passato, molti si rifiutano, perché non vogliono ricordare quello che hanno vissuto, sono ferite aperte che hanno bisogno di tempo per cicatrizzarsi e conviverci. C'è chi prova vergogna a raccontare quello che ha fatto, come cercare cibo nei rifiuti, prostituirsi, usare violenza o subirla e tanta, tanta tristezza e solitudine. Si perde tutto nella strada non solo cose materiale. Ma le storie non sono raccontate solo attraverso le parole, che spesso si nascondono nei silenzi, ma anche attraversi i gesti, i corpi, i volti, tutto parla, bisogna solo imparare a leggere attraverso l'attenzione, la cura, la prossimità.

Ecco allora questa Chiesa che accoglie, questa casa che riparte dalle ceneri come la Fenice, per ricominciare a "volare", rimettersi in cammino per riacquistare dignità e valore.
Ognuno ha il suo ruolo, il suo lavoro da svolgere durante il giorno, la responsabilità del suo spazio e degli spazi condivisi. I lavori sono quelli quotidiani: dalla cucina, alla pulizia, al giardinaggio, al recupero del materiale di riciclaggio, all'artigianato. C'è anche chi ha un lavoro fuori che gli permette di  iniziare a cercare una casa e pagare un affitto.
 La Comunità ha fondato, anche, un giornale di strada, che con il tempo è diventata una rivista, scritta dai moradores de rua, che parla delle tematiche della strada, dei fatti che succedono nel paese, partendo da un punto di vista di chi viene emarginato (dare voce a chi non ha voce) e dell'importanza del riciclare, come cura dell'ambiente e come messaggio pedagogico. Molti lavori di artigianato che vengono eseguiti sono fatti con materiale di scarto (bottiglie di plastica, carta, ferro, ecc..) , da ciò che è scartato si possono costruire cose belle e utilizzabili. Tutto rinasce e prende vita, una nuova vita, così come con le persone: la pietra scartata è diventata testata d'angolo. 
Il giornale viene distribuito da alcuni ragazzi della comunità, che diventano a tutti gli effetti dei "venditori", hanno la loro divisa e durante il giorno vanno per strada o in alcune parrocchie per far conoscere AURORA DA RUA (titolo del giornale). Naturalmente ricevono un piccolo salario, anche questa è una fonte di reddito per loro e soprattutto è un modo per sensibilizzare l'opinione pubblica che essere moradores de rua, non significa essere una persona che non ha valore, un emarginato, un reietto, un vagabondo, come molti pensano. 
 Io ho scelto di vivere con loro e di condividere il mio cammino.
C'è molta differenza quando vieni alla Trinità come visitante (una settimana, un mese, due..) e come persona che sceglie di abitarci. Bisogna avere un buon spirito di adattamento, pazienza e flessibilità, che non ha una durata temporale (una settimana, un mese...), ma richiede un lavoro continuo. 
Bisogna imparare a farsi "piccoli" e umili, imparare a convivere con le "povertà" degli altri, scoprendo allo stesso tempo le tue "povertà". Imparare la delicatezza delle relazioni, senza essere invasivi e ingombranti, ma delicati e gentili, perché si entra in punta di piedi nelle storie delle persone. 
Imparare a saper aspettare e perdonare, ascoltare, non solo con l'orecchio fisiologico, ma anche con quello interiore, imparare a fare spazio e a servire. E non è facile, per niente. Bisogna saper cambiare pelle ogni volta e limare quelle ossa sporgenti che non si adattano al cambiamento, è un lavoro interiore importante e forte, che la missione ti insegna, come anche la Trinità 
vivendo e facendo Comunità, con persone che hanno un grosso carico di sofferenza, vulnerabilità, limitazioni e ...ricchezza. 
Bisogna saperci stare con i poveri, bisogna saperci stare con gli "ultimi", non perché sono ultimi nella vita, ma perché sono lasciati indietro da questa società. E' facile parlare del Prossimo da lontano, quando si è seduti comodamente sul proprio sofà. Quando, poi, lo incontriamo veramente, capita che ci spostiamo, perché puzza, perché è sporco, perché non capisce, però da lontano lo chiamiamo "poverino" e mettiamo in piedi chi sa quali battaglie sociali (utilissimi, comunque!), senza neanche conoscere il suo nome e sederci accanto! E' una provocazione la mia, si lo è, ma solo per creare riflessione e perché quando vivi dentro le cose, quando le tocchi e le prendi per mano, riesci a capirne il significato e la bellezza dello "sporcarsi"...e se anche "puzza", ci stai accanto!
 Essere prossimità, ma non per sfiorarsi, ma per "toccarsi" e qui alla Trinità impari a fare questo.
Per ora sto facendo di tutto, da aiutare in cucina, nelle pulizie, nei lavori che servono come per es. pulire le tegole del tetto di una casa che stanno costruendo per una donna accolta e il suo bambino, così come anche accompagnare in ospedale per una visita medica. Molte delle persone che sono accolte non riescono a spiegarsi davanti un medico, molti hanno un grado di istruzione molto bassa e rimangono con quel senso di vergogna e inferiorità verso gli altri. La scorsa settimana mi sono trovata a fare una fila chilometrica all'ospedale per i poveri "Irmã Dulce" che non finiva più, tanta era la gente in attesa! E' un ospedale gratuito. Ho accompagnato Lea, una signora che vive in Comunità da circa un anno.  Nel mio portoghese misturato con l'accento italiano, sono riuscita a descrivere al medico la situazione di Lea, che al contrario faceva fatica a spiegarsi, anzi non parlava proprio. 
Da parte sua il medico era incuriosito più dalla presenza un pò  anomala e simpatica del mio modo di parlare, che non della paziente. Ma ce l'abbiamo fatta: I'io, Lea e il medico !

Alcuni volti della Comunità:



Marcus 



Fernanda


Nora e Lazzaro


Fernando
Araujo
Luzia, Damiano, Edson, Ivaner


Clovis, Evanglenio, Altino. Fernanda


Henrique Junior


Hailee Selassie



.....e tanti altri che con le loro storie e cammini fanno parte di questa Comunità.

I ritmi qui sono molto diversi. La sveglia al mattino è sempre alle 6 e concludo alla sera, dopo la cena, con un momento di confronto e chiacchere con gli altri membri dell'equipe che fanno parte della Comunità: fratello Henrique, francese, padre João, belga, Juce, consacrata e Vania, volontaria, entrambe brasiliane, che hanno scelto di vivere qui, già ormai da una decina di anni. 
Il tempo per scrivere non è molto e devo ritagliarmi uno spazio dove poter raccogliere le idee e battere i tasti sul mio PC. 
La stanchezza e la lingua portoghese stanno prendendo sempre più spazio, con il rischio di trovarmi addormentata sulla tastiera e con il ripetermi "scriverò domani", ma domani c'è un'altra cosa da fare e poi un altra ancora...e con un italiano che compete con le parole portoghesi "come che si dice in italiano quella parola che non mi ricordo più???...o Meu Deus!!"

Siga seu caminho,
dê continuidade,
experiencie,
perceba e principalmente
acima de tudo, aprenda.
Segui il tuo cammino,
dai continuità,
esperienze,
percepisci, ma principalmente,
impara.