venerdì 17 gennaio 2020

La casina di Gesù











E' passato molto tempo dall'ultimo mio scritto, quasi non scrivo più....e forse l'idea di lasciare il blog, è un idea che sto prendendo in considerazione.  Il mio primo blog, il mio primo "diario" virtuale, l'ho amato e portato avanti con costanza, questo secondo seguito, invece, zoppica un po' e lo trascuro veramente. Sono cambiata anch'io, è cambiato il mio modo di comunicare e di vivere l'esperienza. E' cambiata anche l'esperienza, è cambiata anche la vita, la quotidianità, le persone, gli scenari, il tempo, sono cambiate molte cose, che scrivo, forse, in un altro modo, non più a parole, ma con i fatti di ogni giorno.
Vivo in una realtà che mi assorbe molto, a volte frenetica, a volte impegnativa, sempre di relazione, sempre con persone, sempre con gli altri e in mezzo agli altri esserci, esserci sempre. Sarà per questo che i momenti vuoti o di relax li dedico a me, dove mi permetto di dormire e dondolarmi sull'amaca (famoso pisolino del dopo pranzo) e/o nel fare foto, una passione che sto coltivando come hobby e forse come mezzo di comunicazione (instagram.com/emmachiolini).
Le parole prendono forma in immagini, che non rivelano tutto, chiaro, ma sanno comunicare con un altro sguardo, il mio e il momento che vivo. Quando mi prometto di scrivere sul blog, il tempo passa e i pensieri sono già ad un altro capitolo e in un altra storia, forse li lascio andare via o li tengo dentro di me ben incastrati, aspettando il tempo...sacro tempo...per tirarli fuori, magari a sprazzi su queste pagine.
Tornando a noi, posso dire che novembre e dicembre sono stati mesi di cikungunya, qui in Comunità. Un virus trasmesso dalla puntura della zanzara, ancora poco conosciuto e studiato qui in Brasile. Questo virus è stato identificato nel 2014. Tipico da queste parti è la dengue, altro virus trasmesso dalla zanzara o la febbre gialla. I sintomi sono comuni, per questo ci si può confondere, ma la zanzara che lo provoca è la zanzara tigre, perché è nera con puntini bianchi. 
Problema della cikungunya sono le conseguenze che la malattia porta. Dolori articolari, piedi gonfi, fatica nel camminare, formicolii, perdita di sensibilità alle dita...Ancora oggi dopo che sono passati quasi due mesi, continuo ad avere tutto ciò e non solo io. La cosa strana è che si manifesta in modo diverso a seconda delle persone. Per es. il mio piede destro continua ad essere gonfio e se cammino molto e lo sforzo, si gonfia sempre di più, quasi sembra quello di un elefante. In altri invece il dolore è al polso o alle ginocchia. 
Altra cosa che è particolare in me e che non è comune a tutti, è il formicolio alle mani. Ogni mattina mi sveglio con una sensazioni di spilli conficcati alla mano, una sensazione orribile, che mi porta ad aprire e chiudere la mano per molte volte, cercando di ritornare alla sensibilità perduta, che poi piano, piano, riacquisto. Dicono che sarà così per diversi mesi o può anche essere anni.
Sta di fatto che questa cikungunya ci ha buttato un pò giù, sia fisicamente che emotivamente, perché qui non abbiamo mai smesso di lavorare, di portare avanti i nostri compiti e di occuparci dell'andamento della Comunità, sia da parte dell'equipe, sia da parte di ogni componente della Comunità stessa. Anche se arrugginiti e doloranti abbiamo ripreso a fare tutto, forse un pò rallentati, ma di certo senza risparmiarci, anzi, ridendoci sopra e prendendoci in giro nei nostri movimenti. L'ironia non manca, aiuta e fa bene. Credo che da quando sono qua, non sia mai mancata, fa parte delle nostre relazioni e della nostra "amicizia" e fa parte del modo di vivere e affrontare la vita qui in Brasile. Riderci sopra, sorridere, cantare, va tutto bene, vai dar todo certo...ottimismo e positività sono elementi che fanno parte di questa cultura, in particolare bahiana. Credo di non aver mai incontrato nessun brasiliano pessimista nella mia vita, al contrario e con una gran fede, perché Dio ci mette sempre una mano per aiutare...se Deus quiser!
Così si va avanti e andiamo avanti, con qualche paracetamolo in più o ibuprofene!

La messa di Natale l'abbiamo celebrata sotto al viadotto, luogo dove si incontrano molte persone di strada. E' una consuetudine della Comunità Trindade celebrare il Natale con chi è escluso, con chi è solo, con chi è rigettato dalla società, perché al contrario, Dio non esclude, non rigetta, ma accoglie e sta dalla parte degli ultimi e si incontra proprio in posti dove nessuno va. Un Dio che esce dalle mura di una chiesa, per essere presenza nelle "periferie" del mondo e nelle strade. Ho sempre pensato che Dio si incontra fuori, nelle persone, negli incontri, nelle situazioni, nella natura, nella vita, un Dio che cammina con la gente. E il Natale celebrato così ha tutto un altro sentire, semplice, caldo, umano e importante, dove l'attesa è ben incontrata e sperata. 

Il giorno prima della vigilia e la mattina della vigilia stessa, abbiamo addobbato il viadotto con un albero di Natale fatto con materiale di riciclaggio e dipinto il muro della parete del viadotto con un disegno che rappresentava la città di Salvador divisa in due: la notte, dove gli edifici erano scuri e avvolti dal buio e il giorno dove si trova la chiesa della Comunità Trindade, circondata da casine colorate e vicino al mare, con una barca che porta all'isola dove si trova la Trindade do mar. Questo per testimoniare che c'è una parte della città che rifiuta ed esclude ed una parte che sa accogliere e condividere. La porta della Chiesa della Comunità Trindade è una porta sempre aperta, luogo di incontro non solo per chi è escluso, ma anche con le altre religioni, perché ognuno ha il diritto di vivere Dio in un modo che sente e che ama.... amare, questo è quello che conta. Ama e sii bene in questo mondo. Salvador é una città che ospita diversi culti, religioni, racchiude una modalità ecumenica che permette di saper dialogare con tutti. Accanto al cattolico trovi chi partecipa al Candomblè o che fa parte della chiesa protestante o battista, ecc... È importante saper costruire rispetto e libertà di scelta nel poter seguire il proprio percorso, senza imposizioni o superiorità di credo. Amo questa città perché racchiude questa ricchezza e diversità. 
Dopo la celebrazione abbiamo condiviso la cena nel viadotto stesso, con musica e canti. 
É stato un bel Natale semplice e vero. Fuori dal neon dei negozi o centri commerciali alla ricerca degli ultimi regali o tra tavoli imbanditi di ogni ben di Dio... Mentre Dio si siede su un cartone vicino a chi di quel cartone fa la sua casa. Buon Natale! 

Mi sono dimenticata di dire che in Chiesa, dove dormiamo, abbiamo costruito la casina di Gesù, una mangiatoia fatta con materiale riciclato, dove al centro non c'è Gesù bambino, ma la Parola. E' accanto un albero di Natale fatto con le ruote della macchina e altri oggetti recuperati dagli scarti e diventati ornamenti.

La tradizione della casina di Gesù nasce dall'incontro di fratel Henrique con un gruppo di ragazzini di strada, molti anni fa, per le strade di Salvador. 
Il periodo di Natale è un periodo dell'anno dove la solitudine batte più forte nel petto. Tutti si ritrovano in famiglia, scartando regali e mangiando prelibatezze. 
Ecco allora l'idea di fare una casa per condividere insieme il Natale e l'entraci dentro fu suggerito da una ragazzina che aveva dato alla luce il suo primo figlio. Il suo bimbo sarebbe stato Gesù bambino, un bimbo venuto al mondo da una giovane mamma di strada, abbandonata e rifiutata da tutti. 
Una casina simbolo di speranza e affetto. 
Una casina per quei giovani ragazzi/e di strada che non avevano un posto dove andare.
Così l'idea della casina di Gesù si è mantenuta nel tempo e ora viene costruita dentro la Chiesa, che è già casa per chi vive per strada e tutti possono visitarla ed entrarci dentro.
Nel mondo, nella nostra società, costruiamo presepi bellissimi o facciamo la gara per fare il presepe più bello, ma siamo capaci di "entrarci" dentro questo presepe? Siamo capaci di incarnarlo nel nostro quotidiano? Fare un bell'albero, avere tante decorazioni colorate, comprare nuove statuine, ma che senso ha se poi tutto rimane di facciata, se non sappiamo farci presente in quel presepe, viverlo nei nostri giorni. 
Finito il Natale mettiamo via la statuina di Gesù bambino, senza accorgerci che vive in mezzo a noi ed è ben presente nei tanti Cristi che vivono per strada in realtà dure e marginalizzate. 
Viva il Natale che ha il sapore dello sguardo attento verso l'Altro, che sa creare attesa nella prossimità con l'Altro.
Viva il Natale sempre, ogni giorno.


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