venerdì 12 giugno 2020

Campagna Silencio Pela Dor

Non Azione Pubblica e Silenziosa, per un' Azione politica in modo che nessuna Vita sia scartata.
Iniziano così le parole della nostra campagna, intitolata:
"Solo il silenzio può echeggiare il nostro dolore"
#SilencioPelaDor
Una presa di posizione che la Comunità Trindade, assieme ad altre associazioni, tra cui la Caritas Nazionale,  CEBI e altri, ha deciso di assumere e portare avanti, cercando di svegliare le coscienze delle persone e far arrivare il messaggio a Brasilia e in tutto il mondo.
Si chiama non azione pubblica, perché non staremo per strada, visto il pericolo del Coronavirus e la nostra responsabilità a rispettare il "fique em casa" " stai in casa", ma protesteremo ugualmente proprio da casa e in un modo visibile e silenzioso.
Le nostre motivazioni partono da un dolore che sentiamo e tocchiamo con mano e che non ci lascia indifferenti.
 E' un dolore che si sta diffondendo da nord a sud del paese, da est a ovest, dalla foresta amazzonica, alla pampa del Sud, dalla Mata Atlantica, al Sertão.
Quando un paese intero geme e piange per la morte dei suoi figli e figlie , vittime del Coronavirus, del razzismo, della violenza, dell'indifferenza, della superficialità di una politica  che non sa proteggere e costruire un bene comune. Quando ogni giorno si piangono i morti, senza conforto e sollievo da offrire, solo il silenzio può echeggiare il nostro dolore, solo il silenzio può risvegliare una nuova coscienza, solo il silenzio può creare una nuova umanità.
Abbiamo deciso di comunicare questo silenzio semplicemente fermandoci e sedendoci fuori dalla porta di casa o sul balcone o dentro la propria casa con una fascia, un cartellone, banner con scritto il tema della nostra campagna e tirando foto o video da inviare, pubblicandole  sulle reti sociali con hashtag: #SilencioPelaDor 
Oppure, l'alternativa per chi non si vuole fotografare di persona è mettere una fascia o scritta con il tema della campagna fuori dalla porta, nell'entrata della chiesa o nella propria associazione, organizzazione, per rendere visibile questo silenzio che risuona e grida in ogni dove.
Noi della Trindade, ogni giorno, a turno, faremo una staffetta, fermandoci e sedendoci sul balcone della chiesa, visibile alle persone che passano per strada,  dove abbiamo costruito una tenda aperta e con un banner, che abbiamo attaccato di fronte alla chiesa, che spiega la nostra azione. Dalle 6 del mattino fino alle 6 di sera, ognuno di noi per un ora, dandosi il cambio starà seduto in silenzio. Che il nostro silenzio si alzi come clamore, in una forma completamente pacifica e democratica, senza fare nomi politici e divisioni, ma solo mettendo in evidenza tutto il dolore che c'è, tutto il dolore che potrebbe essere risparmiato, evitato e quando esiste, rispettato, senza essere deriso o ignorato.
In Comunità ci siamo divisi gli orari, così che ognuno contribuisca a fare causa e azione, contribuisca con la sua presenza e silenzio, perché stanchi di tutto questo male, di tutte queste morti, di tutte queste ingiustizie. Mi è rimasta impressa la testimonianza di un padre missionario, che durante un intervista per un giornale italiano, ha citato un esempio eclatante, che mi ha provocato molto. Parlava di una signora che colpita da Coronavirus e non trovando posto in una struttura sanitaria, chiedeva di fare una colletta per comparare l'ossigeno, povera e senza nessuno aiuto, con un virus che le stava togliendo aria, che non la faceva respirare. 
Perché sono le fasce più povere che sono le più colpite, le più discriminate e indifese. Sono le fasce a rischio come i popoli indigeni, più vulnerabili, continuamente minacciati dalla presenza di persone esterne che entrano nelle loro terre, per depredarle e "rubarle" e ora contagiarle.
Sono le persone di pelle nera, continuamente discriminate e uccise, tra gang o da proiettili vaganti della polizia, in un paese profondamente razzista e pieno di contraddizioni.  Ultimo episodio in Rio de Janeiro, la morte di un ragazzo di 14 anni, nero, ucciso da un proiettile della polizia durante un incursione nella favela. 
Chiediamo maggiore rispetto, chiediamo Vita e difesa della Vita, chiediamo responsabilità e impegno comune tra le forze politiche, di ogni schieramento, chiediamo giustizia e uguaglianza nel rispetto dei diritti umani.
Questa la nostra campagna, che è aperta a chiunque voglia aderire e partecipare, per il Brasile, ma con ideali e valori che sono universali e che coinvolgono tutti, perché il dolore è il dolore del mondo e dell'Umanità ferita.
#SilencioPelaDor
















lunedì 1 giugno 2020

Diego e Marcio

Diego e Marzio...Diego di 24 anni e Marzio di 39 anni.
Sono le due persone che hanno deciso di uscire dalla Comunità e di ritornare per strada. Lo hanno fatto in momenti diversi, separati e in un modo completamente differente, in un tempo che è difficile e rischioso per tutti, il tempo del Coronavirus!  Tornare per strada, adesso, con una pandemia che ha portato al decesso di 28.872 persone qui in Brasile, con un impennata che vede una freccia salire sempre più su, più su....è da pazzi!
Ma la droga ti porta a questa pazzia, ti porta a pensare che la strada sia il luogo della libertà, dove vuoi tornare libero, senza padroni, regole, responsabilità, se non quella di rimanere in vita, fregandotene dei pericoli e della morte.
Di Diego un pò me lo aspettavo, troppo carico di incoscienza e immaturità, troppo dentro in questo desiderio di libertà, troppo giovane e chiuso nel suo egoismo per riuscire a darsi una possibilità. Me lo ripeteva spesso che voleva andare via, che non stava bene qui, che per lui non c'era nessuna dipendenza con la droga, che sapeva essere padrone delle sue scelte e ha scelto! Una mattina ha chiesto di riavere le sue cose e ha salutato scendendo i gradini di un luogo che poteva essere una speranza. Quella mattina credevo che scherzasse, come suo solito, con quella ironia che non riuscivo mai a distinguere tra verità e finzione. 
Mi è dispiaciuto, perché per 5 mesi l'ho seguito con i suoi alti e bassi, raccogliendo la sua rabbia e la sua voglia di cambiare, scherzando e ridendo, discutendo e incontrando pace. Ci credevo in un suo recupero, ci credevo che ce l'avrebbe fatta, che avrebbe resistito a questo tempo di quarantena, soffocante per tutti, ma ha scelto altro.
Marzio è stata invece una sorpresa. E' da febbraio che viveva alla Trindade do Mar, all'isola di Itaparica. E' stato là il suo cambiamento, il suo ritorno alla droga e all'abbandono della piccola comunità e lo ha fatto in un modo violento, minacciando e tentando di ferire una persona. Appena ha ricevuto i soldi, da parte del governo, per il sussidio di disoccupazione in questo periodo di emergenza, è andato subito a spenderli in crack, che aveva abbandonato da tempo e che sembrava una storia che voleva lasciarsi alle spalle. Sembrava sincero...sembrava. Sarà che forse sono ancora molto ingenua nel decifrare e leggere le storie e le ferite delle persone di strada, saper riconoscere le verità dalle bugie, le fantasie e le invenzioni, le prese in giro e le false promesse, che mirano ad altri scopi. Sono persone con  caratteri forti, duri, grezzi, che ti fregano quando vogliono  (da qui la mia ingenuità), ma nascondono storie complicate, dolorose, ingombranti, difficili e la strada con il suo manto di cemento indurisce un cuore spezzato e disorientato. Chi da tempo convive con queste storie mi sta aiutando a percepire quello che esiste al di là delle apparenze e del non detto. Così come Diego e Marzio, quello che in apparenza sembrava andar bene, in realtà ha rivelato l'opposto e io non me ne ero accorta. Così come le mie mani si stanno riempiendo di calli per via del lavoro giornaliero (lavare, spazzare, lavoro con artigianato, aiutare nelle cose pratiche...) così, forse, anche il mio cuore imparerà ad avere qualche callo interiore e saper accettare le scelte degli altri, senza starci male, saperle accettare e riconoscerle. 
Dico sempre che bisogna entrare in punta di piede nelle vite degli altri, un modo per entrarci con delicatezza è il non giudicarle. Tendenzialmente lo facciamo sempre, ma se non riusciamo ad eliminare il giudizio, possiamo metterlo da parte, senza per forza gridarlo a gran voce, silenziarlo e gradualmente cambiarlo, prima che ferisca, prima che sbagli, prima che condanni.