giovedì 12 maggio 2022

Questione di feelings

 Ho iniziato a partecipare agli incontri mensili del Cebi, di Salvador.
Io conoscevo il Cebi del Minas Gerais, in Belo Horizonte e ne ero rimasta colpita per il suo metodo e la grande passione, in particolare nelle piccole comunità, nella lettura e condivisione della Bibbia. Così, ho continuato a cercare, sempre, anche quando ero in Italia, quella metodologia che faceva della Bibbia, non uno strumento per pochi eletti o qualcosa di "intoccabile", ma al contrario, un libro di condivisione che partisse dalla Vita e da ciò che la circonda: persone, fatti, storie, azioni, realtà, senza discriminazioni e esclusioni. 
Carlos Mesters, che ho avuto l'onore di conoscere, proprio in Minas Gerais, é uno dei fondatori del Cebi, che significa centro di studi biblici e il metodo da lui creato é una lettura della Bibbia che parte dalla realtà delle persone, dalla realtà sociale e comunitaria. 
Questo metodo é nato negli anni sessanta, quando Mesters si trovava in un piccolo villaggio povero, nell' interior brasiliano. 
Mesters stava spiegando la legge ebraica che proibisce di non mangiare carne di porco (Lv 11,7: Dt 14,8). Spiegava che la legge era nata nel deserto, dove il forte calore e l'assenza di sale, non aiutava a conservare la carne, che marciva e che il consumo poteva mettere a rischio la vita delle persone. Questa legge difendeva la vita della comunità.
 Ascoltando questa spiegazione, una persona del villaggio, un agricoltore, con mani piene di calli e viso bruciato dal sole, per i tanti anni di lotta e di duro lavoro, si alzó e disse: "Con questa stessa legge, oggi, non si potrebbe sopravvivere nel nostro villaggio e Dio non ci "aiuterebbe" a mangiare, perché nella nostra povera realtà, é l'unica carne che abbiamo per sfamare noi e i nostri figli. Se era una legge che difendeva la Vita, oggi non la difenderebbe per noi!" 
Quell'uomo, senza istruzione e cultura, aveva mostrato a Mesters, uomo di studi e biblista, la realtà dura di una popolo, che lottava per la sopravvivenza e che certo non poteva concordare con leggi che venivano lette e mostrate attraverso le Scritture. Scoprì come Dio si manifestò nelle parole di quell'uomo e di come la Parola si incarna, é vissuta, ed é interpretata a partire dalla situazione concreta della gente. 
Da questa esperienza nacque una lettura dei testi biblici che partivano dalla realtà concreta delle persone e venne chiamata lettura popolare della Bibbia. 
La Bibbia divenne uno strumento formativo dei poveri, una lettura intesa come cammino di liberazione, perché la preoccupazione principale del popolo non era interpretare la Bibbia, ma interpretare la Vita con l'aiuto della Bibbia, in un contesto comunitario volto all'azione e alla trasformazione sociale della comunità. 
Vita e Bibbia sono al centro, in un circolo vizioso, in cui sono in relazione. 
Negli incontri del Cebi si assume una posizione circolare, perché il circolo aiuta a creare un processo di democratizzazione, dove tutti hanno il diritto di parola, dove ci si guarda negli occhi, ci si ascolta senza giudicare, dove tutti si mettono in gioco.
Ho sempre trovato arricchente le condivisioni fatte insieme, trovato forza nelle riflessioni, così come la necessità di azione e impegno per cambiare le cose.
Per come sono fatta io, il mio modo di essere non prevede molta "meditazione", pratica ascetica....non sono fatta per partecipare a tante messe, come vogliono la maggior parte dei parrocchiani, in particolare, nel bairro dove mi trovo. 
Mi identifico di più in azione, che mi porta ad uscire fuori dalle "cattedrali" per incontrare il Vangelo nelle strade, attraverso la condivisione. 
La pastorale carceraria, la pastorale sociale, le persone di strada, sono preghiere quotidiane, per me, che fanno cammino nella ricerca di Dio e nel suo significato. 
Ho sempre avuto bisogno di conoscere le cose entrandoci dentro, toccandole concretamente, nel bene come nel male, così anche nel mio percorso di fede.
Non possono credere in un Dio della Vita, se io stessa non difendo questa Vita, se non mi sporco le mani, se non lotto affinché ci sia giustizia, uguaglianza, dignità per tutti e per questa nostra Terra.
La mia vita missionaria, come laica, é stata una scelta che mi ha permesso di uscire dalla zona di comfort, per mettermi in azione, in cammino, per conoscere parti di mondo, realtà, non più lette in un giornale, ma attraverso la vita concreta, fatta di storie, persone, percorsi, situazioni, che non vivi più dall'altra parte della barricata. Le barriere creano distanze e la missione, al contrario, ti porta ad eliminarle, vivendo a 360 gradi, realtà che vengono messe ai margini.
E per starci in queste realtà, così come nella vita, devi trovare forza per andare avanti, trovare sostegno e coraggio, trovare senso e passione. 
Il gruppo Cebi é uno di questi sostegni, un appoggio che alimenta la mia camminata spirituale.
Nel gruppo ci si fa forza, ci si incoraggia, si riflette, si condivide, si prega, si lotta insieme, appoggiando cause sociali come la difesa dei popoli indigeni, la difesa della Terra, da parte delle grandi imprese latifondiste, il riconoscimento e il rispetto delle religioni (il Cebi é ecumenico), la difesa della nostra Casa Comune e tutto ciò che é difesa della Vita e per la Vita. 
La Diocesi di Salvador, a differenza del Minas Gerais, é una diocesi più chiusa, conservatrice, non é facile portare avanti percorsi fuori dagli schemi
Quest'anno, poi, in Brasile ci saranno le elezioni presidenziali, che spero possano cambiare e dare una svolta in questo paese, che sembra stia peggiorando, sempre più. 
C'é bisogno di creare coscienze critiche che aiutino a pensare, che aiutino a creare cambiamenti, che possano aprire gli occhi e dire basta! Basta a tutta questa sofferenza creata dalla violenza, dalle disuguaglianze, dalla povertà, dall'ingiustizia, dal razzismo, dal menefreghismo, dalla corruzione, e tanto, tanto altro.
Anche dentro le parrocchie, anche dentro e fuori le chiese, si possono creare coscienze, che possano aprire gli occhi in questa direzione. C'é bisogno di una Chiesa in "uscita" come dice Papa Francesco, perché se no si vive dentro una Chiesa ammalata e dentro a questa chiesa ci si può "ammalare" altrettanto.
L'Ave Maria e il Padre Nostro non hanno senso, per me, e dico per me, se non lo metto in pratica e questo lo posso fare solo attraverso la condivisione, l'impegno, l'azione e il sporcarmi le mani, il cuore e mettendoci sudore.

"Dio si sporge, perde l'equilibrio, si compromette, si mette dalla nostra parte, però anche noi siamo chiamati a sporgerci."
Carlo Maria Martini


Tra i bambini che hanno iniziato a venire al rinforzo scolastico, nel gruppo del mattino, che seguo, c'é P.L. (metto le iniziali, per una questione di privacy).
P.L. ha 9 anni, vive con sua madre e i suoi fratelli, uno maggiore di 15 anni e uno più piccolo di 5 anni. Non sa ancora leggere e scrivere e tutte le volte che cerco di fargli imparare l’alfabeto, se lo dimentica, mostrando quell’atteggiamento da bulletto, fatto di alzate di spalle e sorrisi.
Ma P.L. ha un grande talento, ed è il disegnare. 
,Sempre prende un foglio e ci disegna qualcosa e lo fa con una tranquillità e dimestichezza, che è un piacere stare ad osservare i suoi movimenti e la delicatezza della matita tra le sue dita. A volte mi chiede consigli sui colori, ma cerco sempre di indirizzarlo a cercare da solo, ciò che più gli piace per affinare un suo gusto estetico. La sua situazione familiare è complicata e non molto tranquilla. Spesso parla di un zio che ha visto ucciso, con un colpo alla testa, per motivi di droga e di un arma nascosta sotto il suo letto, come se fosse un trofeo di cui vantarsi. Anche con i lego, che ogni tanto tiro fuori per giocare, costruisce armi e fucili, mostrandomeli con orgoglio.
Tutta la sua spavalderia e finta sicurezza, nasconde in realtà la difficoltà di crescere in un ambiente malsano, violento e pericoloso, ma questa, infelicemente, è la realtà di molti bambini del bairro. Io mi ci sono affezionato a P.L. e lo difendo sempre, senza nascondere i suoi errori, quando li commette. Gli parlo, cerco di renderlo cosciente su alcune cose e soprattutto gli dico che gli voglio bene, perché è la verità. Se prima veniva ogni tanto al mattino, ora viene tutti i giorni, puntuale e sorridente. Faccio una fatica dannata per cercare di aiutarlo a memorizzare le lettere dell’alfabeto, inventandomi giochi e strategie ludiche, ma già il fatto che sia li, mi fa felice. Problema è che litiga tutti i giorni con R., una bambina della sua stessa età, che di certo non si fa mettere i piedi in testa (qui tutti i bambini nascono con una corazza caratteriale di ferro!). Sono scintille e fuochi d’artificio ogni volta, con la cornice di un linguaggio scurrile e altamente offensivo, da parte di tutte e due. Imprinting familiare!!
Devo sudare sette camice per armonizzare le parti e aiutare la via del dialogo. Questi bambini sono abituati ai litigi, alle parolacce, agli scontri, a cercare di prevalere sull’altro, perché è quello che vivono in casa, è quello che vedono ogni giorno. E’ un grande lavoro da fare con loro, ed è molto faticoso, perché non hanno modelli a cui fare riferimento. Una cosa che faccio, quando litigano, è ascoltare i loro punti di vista, permettere ad ogni parte in causa di raccontare la sua versione. Non ha senso dire: “smettetela di litigare!” perché non funziona. C’è troppa rabbia, paura, nervoso, frustrazione che scatta, ed è giusto che venga fuori, solo bisogna cercare di riconoscerla e controllarla. Dare la parola ai bambini, permette di tirar fuori le loro emozioni, sentimenti, cercando di visualizzarli, capirli. Permette di ascoltare il punto di vista dell’altro (cosa rara) e comprendere ciò che sta passando. 
Si parte dal conflitto per cercare la risoluzione, senza evitarlo. E’ un grande lavoro, sì, perché viviamo in un ambiente dove l’unica soluzione che viene mostrata, è un arma puntata contro e la prepotenza come vittoria. Questi bambini sono “vittime” di una cultura violenta, imparano a difendersi fin da piccoli ai mali che ricevono, portandosi dietro nodi emotivi, che si sciolgono in un abbraccio e ad un semplice:  ''Ti voglio bene!” che manca nel loro vocabolario.





 Continuano gli incontri del martedì pomeriggio nel progetto Levanta Te e Anda, con moradores de rua. Dopo aula di portoghese, di matematica e di storia, parlando della scoperta del Brasile e dei popoli indigeni, sempre tutto accompagnato con dinamiche, attività di gioco e riflessioni condivise, nell’ultimo incontro abbiamo fatto poesia! 
Abbiamo inventato, insieme, partendo dai nostri 5 sensi, una poesia, intitolata: “A vida è um poema”. 
Pensavo non sarebbe interessata come attività, invece, è piaciuta e ognuno, a suo modo, ha contribuito. 
Ognuno di noi è poesia, è capace di vedere le cose belle che ci stanno intorno, anche stando in una strada e soprattutto ognuno di noi ha cose belle dentro, basta solo spolverare tutta quella polvere che non permette di vederle. 
Non siamo abituati a fare questo, per pigrizia, per incapacità, per insicurezza, ma ognuno ha dentro qualcosa di buono, ne sono sicura, basta riconoscerlo e portarlo alla luce. 
Non so perché ci hanno abituati, in questa società, a vedere sempre il male negli altri, a giudicarli, a condannarli, allontanarli, come se fossimo “tutti” nemici. 
Che spreco di tempo e di possibilità che si perde! 
Perché la Vita è una possibilità e se la roviniamo continuando a fare male, a fare il male a togliere, anziché aggiungere, allora continueremo a farci del male tutti e a non imparare e a vedere quanta poesia e bellezza c’è in questo mondo e c’è in ogni ognuno di noi. 
Anche con una persona di strada si fa poesia!

 Prossimo martedì faremo la costruzione di una canzone rap! 😎


Salvador é la città degli assalti per eccellenza! Ogni giorno più di un autobus é preso di assalto. Salgono senza pagare il biglietto e improvvisamente tirano fuori armi, coltelli e minacciano passeggeri e autista. 
Mi sta venendo la sindrome da panico di autobus!
Ogni giorno mi chiedo se sarò fortunata o meno!
Già sono stata assaltata due volte e per due volte mi hanno rubato il cellulare.
Questa situazione é condivisa da tutti cittadini e come ha detto un autista, un giorno: "Si esce la mattina sapendo che si va a lavorare, ma non si ha la certezza se si ritornerà a casa la sera, ogni giorno é un regalo essere vivo."
 Amen!

tipico bairro di Salvador



"Anche da una stazione
imbrattata di fango
si può partire
verso le vie del cielo."
Alda Merini