la strada dove abito |
Poche foto, perché é meglio evitare quando ancora non si é conosciuti dalle persone del posto...qualcuno l'ho scattata, dalla finestra!!!!
la strada dove abito |
Essere Tenda, essere albero, essere rifugio dove riposare, dove essere accolti, dove poter parlare o condividere il silenzio. Abbiamo bisogno di qualcuno che sia tenda per noi e allo stesso tempo noi essere tenda per qualcuno altro. Quando non si ha questa tenda si è come smarriti o pieni di presunzione come se potessimo bastare a noi stessi, in realtà non ci bastiamo mai, perché non possiamo completarci da soli, abbiamo bisogno dell'Altro, affinché il nostro "deserto" possa essere leve, meno duro, l'Altro come acqua che permette di dissetarci. Più permettiamo di accogliere, più questa tenda diventa grande, perché permette di far sedere chiunque, uno spazio dove tutti trovano spazio.
Questo è uno dei tanti pensieri partorito nella mia ora di Silenzio pela Dor....oltre ad incantarmi nei disegni creati dalle nuvole nel cielo, ci sono i pensieri a farmi capolino nella testa, come questo della Tenda. Mi chiedo se sono capace di essere Tenda, se lo sono stata o se ancora devo iniziare a mettere i paletti per creare le basi...forse la mia tenda è sempre stata piccolina, per chi desideravo io. Quando ti misuri dentro una cultura diversa, quando impari ad uscire dalla tua zona di comfort, quando cammini su altri percorsi, capisci quanto grande o piccola può essere la tua tenda. A volte può essere una sorpresa sgradevole, a volte necessaria, per imparare a costruirla o imparare a fare spazio. E' necessaria questa zona di confronto, è necessaria la revisione di ciò che si è, per non rimanere immobili, fissi nei propri epicentri, capaci, al contrario di visitarsi e incontrarsi, con quella flessibilità che aiuta a capirsi dentro e fuori.
Di flessibilità qui ce ne vuole molta, convivo con persone che hanno problemi mentali, non tutti, ma la maggior parte, con caratteri forti e problematici, con anni consumati dall'alcool e dalla droga, vite vissute sull'asfalto o sotto un viadotto. Adesso che siamo in quarantena e che non si esce, la prossimità è ancora più forte, vincolante. Siamo noi, sempre noi, senza sbocchi di uscita, ci respiriamo quotidianamente e ci spalleggiamo, a volte dribblandoci quando gli umori diventano pesanti. Devo dire che siamo bravi a sostenerci a vicenda, mediando con chi ha più bisogno di mediazione, per sopportare il peso dei pensieri, creando risate e barzellette con chi ha un'anima più allegra e rispettando i silenzi di chi ha bisogno dei suoi spazi interiori. Bisogna essere Tenda per saper accogliere tutto questo e altro ancora. Bisogna fare spazio o lasciar cadere, essere impermeabili ai malumori degli Altri, decentrarsi dal personale e creare buone reti di protezione, quando cadere. La mia rete di protezione per ora è cercare un posticino per isolarmi quando sono de baixo astral...giù di tono, per ascoltare musica ad alto volume, con gli auricolari e cantare, oppure mi faccio strada dentro l'ironia, santa e miracolosa ironia, che aiuta sempre. Con l'ironia bisogna trovare dei buoni compagni per creare situazioni divertenti, che sappiamo accettare il gioco e lo scherzo. Qui ce ne sono, ognuno con la sua pazzia e particolarità. Difficilmente i brasiliani sono depressi, in particolare i bahiani amano fare festa e il clima giovale che questa porta. Le risate e le sit comedy aiutano, aiutano molto, anche se batte sempre il più grande dei desideri: quando si potrà tornare alla "normalità"? Che poi qui di normalità non ce ne mai stata...ma allora cambiando la domanda: quando potremmo uscire e respirare nuove presenze e riappropriarci delle nostre autonomie? Quando finirà questa quarantena...che di quarantena è diventa 40+ 40+ 40+40+20...siamo a 160 giorni.....
Andiamo Avanti!
Andiamo avanti...giocando e inventando!
Henrique Junior e eu!
In questo periodo dell'anno, dall'alto dalla scalinata della chiesa, dove tutti i giorni, per un ora partecipo al Silenzio Pela Dor, siamo quasi al sesto mese di Campagna iniziata, mi piace osservare questo cielo invernale fatto di nuvole simili a panna montata, soffici come fiocchi di neve, che si incontrano con altre nuvole, ma nere e ben minacciose, gravide di pioggia. L'inverno, qui, non è fatto di maglioni, calze di lana, riscaldamento da accendere, sono ricordi che fanno capolino dall'altra parte del globo. Qui l'inverno è essenzialmente pioggia e vento, con una felpa che ripara al mattino e alla sera e dura poco...felicemente poco, mentre le zanzare durano sempre!! Ho sempre amato i contrasti quando sanno amalgamarsi bene, esprimono le differenze della vita e la loro bellezza nello stare insieme. In questa ora di silenzio i miei pensieri accompagnano i movimenti lenti delle nuvole e i miei occhi apprezzano i disegni di un cielo artistico. Come cornice la brezza di un vento leggero e gentile. Quando non ci sono troppi container che occultano la vista, perché abitiamo vicino ad un porto commerciale, si riesce a vedere uno stralcio di mare e a percepire la bellezza della sua quiete, uno specchio azzurro baciato dai raggi luminosi del sole. Che nostalgia del mare, che nostalgia di Salvador, del suo centro storico, dei suoni della banda di Olodum, che riempiono le strade assieme ai ritmi dei danzatori di capoeira, energia buona, battiti di vita che pulsa in questa città....nostalgia di viverti Salvador, nostalgia di te affascinante città, mistura di culture, religioni, di echi africani, di sapori, di colori, saudade de te!
Siamo in quarantena da marzo..... il numero di morti è arrivato a 131.000, con un numero di contagi che sale a 4.315.858. Stanchi di una situazione che sembra non arrivare ad una fine, stanchi di una noncuranza politica incapace di affrontare questa crisi, incapace di creare buone prevenzioni, di dare il buon esempio, di informare correttamente. Sembra che tutto sia normale, che tutto può procedere tranquillamente, con servizi televisivi che mostrano agglomerati di persone che si riversano sulle spiagge di Copacabana, senza mascherina, in una domenica soleggiata. Proprio non ci siamo! Questo paese è diviso tra chi appoggia il presidente, che banalizza la situazione e chi cerca di rispettare le consuete e buone regole di prevenzione. Se almeno ci fosse una maggiore coscienza nell'uso della mascherina, perché sarà da usare ancora per molto....per molto!
Per quanto riguarda noi della Comunità, continuiamo la nostra quotidianità portando avanti i lavori di ogni giorno, chi si occupa del giardino, chi della cucina, chi della dispensa, chi nell'artigianato. Cerchiamo anche di creare nuove cose che necessitano, ma che erano rimaste in cantiere, come la ristrutturazione della chiesa....imbiancare e sistemare intonaci, sistemare tetti, varie manutenzioni. Occupare tempo, con momenti di ozio pomeridiani, aspettando la celebrazione della preghiera che inizia alle 18.30 e poi la cena. Ancora non possiamo uscire, se non alcuni di noi, ma per motivi importanti. La comunità è formata da un gruppo di persone a rischio, 16 persone con esattezza e dobbiamo tutelarle, perché se qualcuno di noi prende qualcosa la passa facilmente a tutti, difficile creare separazione e o nosso povo, come chiamiamo affettuosamente le persona che vivono qui, non riescono a tutelarsi e a tutelare.
Così è da marzo, con momenti di nervosismo che hanno caratterizzato i primi tempi, con abbandoni da parte di alcuni, con una quotidianità accettata, con la speranza di riaprire alcune situazioni. Sono 6 mesi vissuti qui....solo qui...con una vita che non abbiamo mai dimenticato di celebrare, fatta di compleanni, di feste, di ricorrenze importanti....e in mezzo quel Silenzio pela Dor che portiamo avanti con impegno e dovere.
Ci sono morti che ti scuotono dentro e che creano un vuoto importante, in particolare di persone che credevi fossero eterne, perché eterne sono le loro parole, eterna sarà la loro storia, eterna la loro testimonianza, eterno quello spirito di forza e coraggio che ha condotto i loro passi, sorretti da una fede fatta di un Dio che si fa carne e ossa, incontrato nei volti della povera gente, in una causa di giustizia e dignità. Così è stata la morte di dom Pedro Casaldaliga, un perdita che non lascia indifferenti. Era malato da tempo dom Pedro, con i suoi 92 anni racchiusi in un piccolo corpo, ormai curvo e fragile. Il suo esempio di vita è stato faro per chi crede in un Vangelo che si fa azione tra la polvere della storia. Il mio ricordo, di lui, risale al 2016, quando ho partecipato alla Romaria dos Martires, nel Mato Grosso, dove si evocano tutte quelle persone, uomini e donne, che hanno donato la vita in difesa dei campesinos, dei popoli indigeni, in difesa della terra, che non si compra e non si vende per fini egoistici e di potere, ma la si rispetta, la si cura, la si protegge, così come le persone che la abitano con riguardo. Dom Pedro ha lottato senza esitazioni, nonostante le minacce di morte, perché credeva nel valore della vita. Un vescovo che si è fatto piccolo per amore della gente, nella sua umile e grande semplicità che lo caratterizzava. Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza pace. Quando non hai casa, lavoro, quando cerchi tra i rifiuti gli scarti di un cibo consumato con indifferenza da altri, quando il tuo letto è un cartone, la tua terra è rubata, devastata per fini economici, che arricchiscono le tasche di pochi e aumentano la miseria di molti, quando il tuo diritto alla salute, all'istruzione è negato, quando si vive in false democrazie con echi di dittature nostalgiche, che richiamano al culto della violenza, quando la sacralità della vita si trasforma in cenere....è allora, che quelle ceneri ritornano fuoco nei cuori di chi lotta contro tutto questo. Dom Pedro ce lo ha insegnato con la sua vita, insieme a tanti altri nella storia. Posso solo dire grazie per le loro vite, grazie per i loro passi, che per me sono impronte da seguire lungo il cammino e portano luce nel buio della stanchezza e della rassegnazione. A noi, uomini e donne di buona volontà, di non permettere che il loro testamento si annulli in un quieto vivere dei giorni, come se niente fosse, al contrario che bruci nel nostro petto con quella passione che dirige il nostro canto e che grida forte: la Vita, prima di tutto .
Grazie dom Pedro!
Amen, Axè, Awiri, Alleluia
La Pace inquieta
"Dacci Signore quella Pace inquieta
che denuncia la Pace dei cimiteri
e la Pace dei guadagni facili.
Donaci la Pace che lotta per la pace!
La Pace che ci scuote con l'urgenza del Regno.
La Pace che ci invade e ci toglie, con il vento dello Spirito
l'abitudine e la paura,
la tranquillità di chi è sempre in vacanza
e la preghiera di chi scappa.
La Pace delle armi spezzate, nella sconfitta delle armi.
La Pace del pane della fame di giustizia
La Pace della libertà conquistata
La pace che si fa "nostra"
senza fili spinati ne frontiere.
La Pace che è Shalom e Salaam,
perdono, ritorno ed abbraccio.
Donaci la tua Pace,
questa pace emarginata che balbetta a Betlemme
agonizza sulla Croce
e trionfa nella Pasqua.
Donaci Signore quella Pace inquieta
che non ci lascia mai pace."
Pedro Casaldaliga,
vescovo, profeta, poeta.
croce mosaico realizzata da me