martedì 23 agosto 2022

Mio padre

 "Mio padre era un moradores de rua.
Ero la sua unica figlia avuta dalla relazione con mia madre, perché ha avuto altri figli, con altre donne, così come mia madre, con altri uomini.
Viveva per strada ed era viziato in alcool e droga.
Lo andavo a trovare nella piazza dove di solito dormiva, mi sedevo per terra accanto a lui e gli parlavo di me, della mia vita e di quello che mi succedeva.
A volte appoggiavo la testa sopra le sue gambe e ritornavo bambina.
Volevo che sapesse che gli volevo bene e che non lo giudicavo.
Aveva preso l'HIV e non si curava per niente.
Ero riuscita a farlo venire a vivere da me, per qualche tempo, assieme ai miei figli e al mio compagno.
Era davvero un altro uomo, lavato, curato, ben vestito, ma questo non é stato sufficiente per lui.
Tornava per strada ubbidendo al forte richiamo della libertà, dei vizi e dei suoi demoni.
Allora tornavo a visitarlo e a continuare a sedermi accanto a lui.
Ogni volta che mi vedeva mi presentava a tutti con molto orgoglio e a gran voce diceva: "Questa é mia figlia!".
Quando stavo con lui, nessuna delle altre persone usava droga, era come se rispettassero quel momento importante, tra padre e figlia, proteggendolo come se fosse sacro.
A volte portavo anche mio figlio più piccolo, che si metteva a giocare con qualche bimbo, che viveva per strada con la mamma.
Quando la malattia di mio padre si aggravò, fu costretto a ricoverarsi in ospedale.
Allora il mio itinerario mudò, dalla strada ad un letto di ospedale, ma sempre cercando di stargli accanto.
Durante il periodo di ferie ho viaggiato con la mia famiglia, assentandomi alcuni giorni, prendendo una pausa da quegli incontri. Solo che quando sono tornata il letto che occupava mio padre era vuoto.
Papa era morto durante la mia assenza.
Fu un duro colpo, lasciandomi un senso di colpa, che ancora adesso mi porto dentro.
Ciò che mi da un po' di serenità, forse, é che so di essere riuscita a fargli capire che gli volevo bene veramente, nonostante tutto.
Molti quando vedono persone che vivono per strada, le evitano come se avessero la peste, le evitano per l’odore forte e acre che emanano, le evitano perché sporche, perché instabili, perché perse nel loro vizio, ma dimenticano che sono persone, ognuna con una storia che carica nel petto.
Io non ho mai dimenticato, che quell’uomo che dormiva su di un marciapiede, era mio padre”.

Questa che ho voluto raccontare è la storia di Elenice. 
Un pomeriggio, le stavo raccontando la mia esperienza alla Comunidade Trindade, dove ho vissuto un tempo, assieme a moradores de rua, dormendo per terra con il mio cartone, dentro una Chiesa che era diventata casa. I miei ricordi si sono intrecciati ai suoi, per lasciare spazio al suo racconto, che ho trovato di una grande bellezza e umanità. I gesti di Elenice, il suo atteggiamento verso il padre, mi hanno segnato il cuore e mi hanno fatto vedere un’anima libera da pregiudizi e vergogne. Quell’invisibile, che spesso la società tende ad escludere o “eliminare”, nella storia di Elenice, ha acquistato visibilità, cuore, carne, proprio perché, come lei stessa ha detto, dietro ad ogni persona c’è una storia, un mondo, che deve essere rispettato e ascoltato, prima ancora di essere giudicato.
Tutte le volte che il martedì pomeriggio vado al progetto Levanta te e Anda (centro diurno con moradores de rua) ho il piacere di ricevere un pezzettino di storia da parte di chi, nelle chiacchere, mi permette di conoscere il suo mondo. Credo che uno tra i regali più belli che una persona possa farti, è donarti il suo vissuto, la sua intimità, le sue emozioni. Sono cosi preziose e speciali, che profumano di Vita e di quell’immenso significato che essa racchiude. L´orecchio accoglie parole cariche di vissuti e stati d’animo, di episodi e immagini, di sentimenti ed emozioni e le deposita nel cuore e nella mente, per custodirle nella memoria. Molte volta mi sono imbattuta in nostalgie, da parte di chi ricordava la famiglia, un figlio, una madre, un amore, con un gran desiderio di riabbracciarlo di nuovo. Perché è vero che la strada ti imbruttisce, ma il cuore continua ad essere fatto di carne e soffre, perché umano. E questa umanità, non dobbiamo dimenticarla. Ricordo quando V. é andato a trovare la sua famiglia, dopo 8 anni che non la vedeva. V. aveva vissuto per strada, usando crack, rubando, rischiando la vita nei litigi, con altri moradores de rua. Ma non aveva abbandonato l'amore che nutriva per loro. Era rimasto dentro, sepolto tra i pensieri, gli sbagli, l'orgoglio, le false illusioni, ma c´era, c'era sempre. Quando, finalmente, V. ha recuperato se stesso, ha rispolverato quel tesoro, tenuto lontano in quegli 8 anni. Una grande emozione.  
 Sono grata a tutti quegli incontri che aprono possibilità di riflessione e condivisione e che mi “nutrono” nel mio cammino.

Ascoltando Elenice parlare, mi sono ricordato del mio papà, morto improvvisamente in Marzo e a quel senso di colpa, per non essere riuscita a salutarlo. Anche papà aveva i suoi vizi e amava quella libertà, che metteva al primo posto, facendolo rimanere fedele a se stesso, incurante delle conseguenze.
Anche io, in età adulta ho cercato di conoscere la storia di mio padre, mettendo da parte le critiche e i giudizi, per sapere il perché di determinate scelte e comportamenti. Così, conoscendola, ho imparato ad amarlo e a volergli bene, nonostante tutto.
Si entra in punta di piedi nella Vita degli Altri e con gentilezza, perché bisogna avere la capacità di saper ascoltare e “guardare” quello che esiste al di là delle apparenze, saper rispettare le scelte che non accettiamo, non capiamo e che per altri, invece, hanno un significato e un loro perché.
Il rispetto e l’amore nasce dal gesto concreto di Elenice, che ha saputo sedersi per terra, accanto a suo padre e parlare con lui.

“E bastava un’inutile carezza a capovolgere il mondo.”
(Alda Merini)

La povertà è sempre stato uno dei problemi strutturali in questo paese. Con la pandemia la situazione si è aggravata, ingrossando la fila dei poveri e di persone che vivono per la strada. La conseguente crisi economica è l’aumento dell’inflazione, con un aumento dei prezzi, in particolare dei generi alimentari, ha creato nuove povertà e situazione di miseria estrema, spingendo verso il basso chi già si trovava in un fragile equilibrio.

In Salvador, stato di Bahia, ci sono circa 22 mila persone che vivono per strada, la maggior parte uomini, tra i 25 e 44 anni. La maggior parte non ha documenti, perché persi. Questo è un grosso problema perché senza documenti non si può accedere ai posti di salute, ad entrare nelle file per dormire dentro un dormitorio e altre questioni importanti. Le donne sono quelle che soffrono di più, perché abusate sessualmente, aggredite e più marginalizzate rispetto agli uomini.

Ad Ottobre in Brasile ci saranno le elezioni presidenziali, è iniziata la campagna elettorale. Spero che questo paese si possa dare una nuova possibilità, lo spero proprio, perché in questi ultimi anni, con un mal governo, è tornato indietro, molto indietro, dopo un periodo, passato, di grande crescita sociale ed economica.
Non posso dire per chi faccio il tifo, mi sono promessa di non essere troppo esplicita, nei miei scritti, per rispettare ogni opinione. Di sicuro aspetto che avvenga "quel cambiamento" che permetta di saper rispettare e mantenere la democrazia, che permetta di creare politiche pubbliche a servizio della gente e delle classi più povere, che assicuri il mantenimento e la tutela dell'ambiente, rispettando la biodiversità e la ricchezza verde che questo paese ha in dono....che sappia amare il suo popolo e che metta al primo posto il bene comune e non il bene egoistico, per se stesso e di pochi "eletti".
Ce la faremo?

Foto scattata ad un incontro del CEBI (centro studi biblici) in Salvador


Dopo una pausa, trascorsa in Italia, che ho amato molto, erano tre anni che mancavo, sono ritornata in terra Bahiana.
Continuo ad essere fedele a me stessa, ossia di uscire sempre dalla propria "comfort zone", sia geografica, sia psicologica, sia culturale.
La Comunidade Trindade mi ha insegnato ad essere una "pellegrina errante", in cammino. In questo cammino, accetto le sfide che mi ritroverò davanti, non certo facili, ma anche le novità che queste porteranno. Non ho mai scelto una vita comoda, a volte ne sento la necessità, ma poi, mi rendo conto che non farebbe parte di me e preferisco essere fedele a me stessa e questo, forse, me lo ha insegnato mio padre. 
Inizia un nuovo cammino, portando avanti le cose che stavo facendo e aggiungendo nuovi scalini, ma sempre camminando a "piedi nudi!"